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Accertamenti del fisco anche per “donazioni” o “prestiti” tra familiari

Negli ultimi tempi si stanno susseguendo diverse sentenze della Corte di Cassazione che condannano la mancata documentazione di donazioni e prestiti tra parenti.

In pratica, i contribuenti che effettuano acquisti con i fondi messi a loro disposizione da genitori o altri familiari o amici, rischiano di subire un accertamento “da redditometro” se non sono in grado di documentare la provenienza dei fondi e la loro natura.

Segnaliamo, tra le tante, l’ordinanza n. 916 della Corte di Cassazione del 20 gennaio 2016 che tratta la vicenda di una lavoratrice dipendente raggiunta da un avviso di accertamento con cui il Fisco le aveva rideterminato presuntivamente il reddito IRPEF complessivo sulla base di alcuni indici di capacità contributiva (segnatamente il possesso di beni immobili).

La contribuente, in questo caso, si era difesa sostenendo di aver ricevuto i fondi necessari all’acquisto degli immobili dai genitori, ma non ha potuto produrre una prova “documentale”.

La Corte di Cassazione ha confermato l’accertamento tributario a suo carico, ribadendo che nell’ambito dell’accertamento sintetico la prova delle liberalità che hanno consentito l’incremento patrimoniale deve essere documentale.

Con l’ordinanza n. 1332 del 26 gennaio 2016 la Corte di Cassazione ha poi ritenuto legittimo anche l’accertamento a carico di un trentenne che, pur dichiarando un reddito basso (13 mila euro), aveva acquistato auto di lusso. Anche in questo caso a nulla è servita la giustificazione che il contribuente vivesse con la madre benestante, perché lo stesso non era comunque fiscalmente “a carico” e mancava la documentazione attestante il transito endo-familiare del denaro.

In generale quindi, il contribuente, per sconfessare le ragioni del Fisco, può sempre dimostrare che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, ma è necessaria idonea documentazione. Laddove l’incremento patrimoniale sia la conseguenza di un atto di liberalità o di un prestito (magari infruttifero), la prova a favore del contribuente, sostiene la Corte di Cassazione, “deve essere documentale e la motivazione della pronuncia giurisdizionale deve fare preciso riferimento ai documenti che la sorreggono ed al relativo contenuto”.

In tutti i frequenti casi in cui tra genitori e figli (o comunque tra familiari e amici) si pongano in essere operazioni finanziarie (donazioni e/o prestiti) è quindi di fondamentale importanza documentarle al meglio, attribuendo agli atti anche una “data certa”.