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L’obbligatorietà del contraddittorio preventivo con il contribuente

accertamento

Da qualche anno quello del contraddittorio preventivo all’emissione di un atto impositivo nei confronti del contribuente rappresenta uno dei temi più dibattuti nelle aule di giustizia tributaria.

I maggiori contrasti nascono sull’estensione, o meno, della garanzia prevista dall’art. 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente, a quelle verifiche fiscali che non si estrinsecano in un accesso presso i locali del contribuente, ma che, al contrario, vengono condotte direttamente negli uffici dell’Amministrazione Finanziaria. Ci si riferisce in particolare a tutte quelle verifiche che gli accertatori effettuano sulla base di notizie fornite da altre pubbliche amministrazioni piuttosto che da terzi (per esempio banche) o, addirittura, dallo stesso contribuente mediante la compilazione di questionari e la consegna di documentazione.

La Commissione Tributaria Regionale della Toscana con la sentenza n. 1785 del 3 ottobre 2016 ha recentemente ribadito l’obbligatorietà del contradditorio preventivo anche quando l’accesso degli accertatori ha il fine unico di acquisire libri e documenti contabili.

Anche in tali casi l’Ufficio, prima di emettere l’accertamento ha (secondo la CTP Toscana) l’obbligo di rilasciare copia del processo verbale di chiusura delle operazioni di cui all’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000, da cui decorre il termine dilatorio di 60 giorni.

Secondo la recente sentenza il principio previsto dallo Statuto del Contribuente deve essere applicato anche nel caso in cui l’avviso di accertamento è stato emesso a seguito di un accesso presso la sede del contribuente con la finalità unica di acquisire libri e documenti contabili, ma che si è poi tradotto in ispezione e verifica presso istituti finanziari ed enti pubblici i cui risultati non sono trasfusi in un processo verbale delle operazioni compiute.

Nel caso concreto non può essere corretto quanto sostenuto dall’Agenzia Entrate, ovvero che si è trattato di un accertamento “a tavolino”, per il quale non vi è alcun termine da rispettare; infatti oltre ad aver raccolto documentazione presso il contribuente, l’ufficio ha eseguito accessi e verifiche presso istituti di credito e enti pubblici.

Inoltre il termine di 60 giorni tra l’accesso e l’emissione dell’avviso di accertamento non si può ritenere soddisfatto in quanto nel verbale delle operazioni di accesso non sono stati evidenziati rilievi o contestazioni oggetto di possibile esame da parte del contribuente.

La sentenza in esame richiama quindi l’esigenza di garantire il rispetto del contraddittorio e il diritto di sostenere le proprie ragioni in una fase pre-processuale soprattutto in un caso come quello oggetto di contestazione in quanto le indagini dell’amministrazione hanno previsto accessi, ispezioni, verifiche sia nel locali di esercizio dell’impresa che presso istituti finanziari e enti pubblici i cui risultati non sono stati riportati un processo verbale delle operazioni compiute.