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I nuovi obblighi per le ritenute fiscali negli appalti

Dal 1° gennaio 2020, l’art. 4 del D.L. n. 124/2019, convertito in legge n. 157/2019, ha previsto nuovi obblighi in materia di ritenute fiscali e compensazioni a committenti e appaltatori.

In particolare, il committente che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi:

  • di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa,

  • tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente,

  • con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente,

è tenuto a richiedere alle imprese appaltatrici/subappaltatrici/affidatarie copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali per i lavoratori dipendenti e assimilati direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera e del servizio.

Le imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici dovranno effettuare i versamenti delle ritenute con F24 specifico per singolo committente, senza poter effettuare compensazioni con propri crediti fiscali. Inoltre, entro i 5 giorni lavorativi successivi, dovranno trasmettere al committente:

  • le deleghe di pagamento;

  • un elenco nominativo dei lavoratori impiegati direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente nel mese precedente (identificati mediante codice fiscale), con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.

La norma permette all’Agenzia delle Entrate di definire con proprio provvedimento delle modalità di trasmissione telematica di queste informazioni.

Gli obblighi si applicano ai sostituti d’imposta residenti nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sul reddito e quindi a:

  • società;

  • enti pubblici e privati diversi dalle società;

  • soggetti di cui all’art. 5 del TUIR (associazioni professionali, società di persone ecc.);

  • imprese individuali commerciali e agricole;

  • persone fisiche esercenti arti e professioni;

  • curatori o commissari liquidatori.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 23 dicembre 2019 ha chiarito che il criterio di quantificazione delle ritenute attribuibili alla commessa deve essere oggettivo, quale, ad esempio, il numero di ore impiegate in esecuzione della specifica commessa. La stessa risoluzione stabilisce che le informazioni fornite dalle imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici servono al committente per verificare il corretto versamento delle ritenute (quindi ponendo a carico di quest’ultimo un obbligo di controllo). La risoluzione dell’Agenzia Entrate n. 109/E del 24 dicembre 2019 ha inoltre stabilito i dati da indicare negli F24. In particolare deve essere indicato il codice identificativo “09” nella sezione anagrafica del modello unitamente al codice fiscale del committente.

Nel caso in cui l’impresa appaltatrice/affidataria/subappaltatrice non provveda alla trasmissione di quanto indicato sopra, oppure non esegua il versamento delle ritenute, il committente ha l’obbligo di sospendere i pagamenti fino al 20% del valore complessivo dell’opera, oppure per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate rispetto a quanto indicato nella documentazione trasmessa. Inoltre egli deve comunicare il mancato pagamento entro 90 giorni all’Agenzia delle Entrate.

Se il committente viola gli obblighi previsti da questa norma, incorre in una sanzione pari a quella applicata alla parte appaltatrice/affidataria/ subappaltatrice per le relative omissioni. In particolare, le sanzioni possibili sono le seguenti (che si riducono se l’impresa affidataria effettua il ravvedimento operoso):

  • in caso di violazione dell’obbligo di effettuazione delle ritenute, 20% dell’ammontare non trattenuto;

  • in caso di omesso o tardivo versamento delle ritenute, 30% dell’importo versato o ritardato;

  • in caso di incompletezza dei modelli F24 (se non contengono gli elementi necessari per l’identificazione del soggetto che esegue i versamenti), da 100 a 500 euro.

Fino al pagamento delle ritenute l’impresa appaltatrice/affidataria /subappaltatrice non può esperire alcuna azione esecutiva a tutela del proprio credito. La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 23 dicembre 2019 ha stabilito che questi obblighi trovano applicazione con riferimento alle ritenute operate a decorrere dal mese di gennaio 2020 anche con riguardo ai contratti di appalto, affidamento o subappalto stipulati in data precedente al 1° gennaio 2020.

La norma prevede tuttavia una importante disciplina alternativa, nella quale gli obblighi descritti non trovano applicazione. In tal caso è necessario che le imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici comunichino al committente di possedere, con riferimento all’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza delle ritenute, i seguenti requisiti:

  • esistenza in attività da almeno 3 anni;

  • regolarità con gli obblighi dichiarativi;

  • versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;

  • assenza di iscrizioni a ruolo/accertamenti esecutivi/avvisi di addebito affidati agli agenti di riscossione relativi a imposte sul reddito, IRAP, ritenute e contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro, per i quali i termini di pagamenti siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Questa disposizione però non si applica se le somme sono oggetto di rateazione non ancora decaduta.

A questa comunicazione bisogna allegare una certificazione che attesti la sussistenza di questi requisiti messa a disposizione alle singole imprese dall’Agenzia delle Entrate e ha validità di 4 mesi dalla data di rilascio. Le imprese che possiedono questi requisiti possono compensare le ritenute con i propri crediti fiscali. Tale certificazione, denominata “DURC Fiscale” è rilasciata presso qualsiasi Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate, entro 3 giorni dalla richiesta. Purtroppo non è attualmente prevista una modalità di richiesta telematica. Nel caso in cui fino al 30 aprile 2020, l’appaltatore abbia correttamente determinato ed effettuato i versamenti delle ritenute fiscali (salvo il divieto di compensazione e connesse eccezioni di cui al par. 4.1.), senza utilizzare per ciascun committente distinte deleghe, al committente non sarà contestata la violazione (in tal senso la Circolare Agenzia Entrate n. 1 del 12 febbraio 2020).

Le principali novità della Legge di Bilancio 2020

Dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è entrata in vigore dal 1° gennaio la legge di Bilancio 2020 (legge 27 dicembre 2019, n. 160) che ha introdotto con se numerose le novità introdotte dalla Manovra, tra cui:

  • il blocco degli aumenti delle aliquote IVA per il 2020 e la loro rimodulazione per gli anni successivi;

  • la deducibilità del 50% dell’Imu sugli immobili strumentali dal reddito d’impresa o di lavoro autonomo;

  • la stabilizzazione al 10% dell’aliquota della cedolare secca sui canoni delle locazioni abitative a canone concordato nei comuni ad alta densità abitativa;

  • l’abrogazione delle disposizioni del “decreto Crescita” (D.L. 30/4/19, n. 34, convertito con modifiche dalla L. n. 58/2019) che avevano introdotto, per gli interventi di riqualificazione energetica e antisismica e per l’installazione di impianti fotovoltaici, il meccanismo dello sconto in fattura in luogo della detrazione spettante; sconto che sarà ora applicabile soltanto agli interventi di ristrutturazione importante di primo livello, per le parti comuni degli edifici condominiali, con un importo dei lavori pari almeno a 200.000 euro;

  • la proroga di un anno, nella misura vigente nel 2019, delle detrazioni per le spese relative a lavori di recupero edilizio, a interventi di efficienza energetica e all’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici destinati all’arredo di immobili ristrutturati;

  • l’introduzione della detrazione Irpef del 90% delle spese documentate, sostenute nell’anno 2020, relative agli interventi edilizi, compresi quelli di manutenzione ordinaria, finalizzati al recupero o restauro della facciata degli edifici (bonus facciate);

  • l’introduzione, per alcune tipologie di spese, di alcuni limiti reddituali per fruire delle detrazioni Irpef e l’obbligo della tracciabilità dei pagamenti per la fruibilità delle stesse. In particolare, viene previsto che, partire dal 2020, le detrazioni per spese ai fini IRPEF spettano:

    • per l’intero importo qualora il reddito complessivo non ecceda 120.000 euro;

    • per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 240.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 120.000 euro, qualora il reddito complessivo sia superiore a 120.000 euro.

    • La detrazione continua invece a spettare per intero, a prescindere dall’ammontare del reddito complessivo, per le spese relative agli interessi passivi su mutui (art. 15, comma 1, lett. a) e b), e comma 1-ter, D.P.R. n. 917/1986) e ai medicinali e prestazioni sanitarie (art. 15, comma 1, lett. c), D.P.R. n. 917/1986).

  • l’introduzione, in sostituzione delle discipline dell’iper e del super ammortamento, di un credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali, compresi quelli immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0. Riguarda tutte le imprese e, con riferimento ad alcuni beni, anche i professionisti; spetta in misura diversa a seconda della tipologia di beni oggetto dell’investimento;

  • il ripristino, con decorrenza dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2018, della disciplina Ace, finalizzata a incentivare la patrimonializzazione delle imprese. Il rendimento da dedurre sarà pari all’1,3%, degli incrementi di capitale effettuati mediante conferimenti in denaro e accantonamenti di utili a riserva. Contestualmente, sono abrogate le misure di riduzione dell’Ires, che erano state introdotte al posto dell’Ace;

  • la modifica della tassazione dei veicoli aziendali concessi in uso promiscuo ai dipendenti, che sarà agganciata ai valori di emissione di anidride carbonica: all’aumentare di questi, aumenterà il reddito figurativo. Il compenso in natura, attualmente, è pari al 30% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 chilometri, calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio indicato nelle apposite tabelle dell’Aci. Invece, per i contratti stipulati a decorrere dal 1° luglio 2020, la nuova disciplina è la seguente: per i veicoli con CO2 entro i 60 grammi per chilometro, si assumerà il 25% del costo chilometrico ACI; per i veicoli con CO2 superiore a 60 gr per km ma non a 160, si assumerà il 30%; per i veicoli con CO2 superiore a 160 gr per km ma non a 190, si assumerà il 40% (dal 2021, il 50%); per i veicoli con CO2 oltre i 190 gr per km, si assumerà il 50% (dal 2021, il 60%);

  • l’istituzione dell’imposta (Plastic Tax) sul consumo di manufatti in plastica con singolo impiego (Macsi) utilizzati per il contenimento, protezione, manipolazione o consegna di merci o prodotti alimentari, ad esclusione dei manufatti compostabili, dei dispositivi medici e dei Macsi adibiti a contenere medicinali. È pari a 0,45 euro per chilogrammo di materia plastica. Si applicherà dal primo giorno del secondo mese successivo alla pubblicazione del provvedimento dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli che, entro maggio, dovrà definire le modalità attuative della norma. Alle imprese produttrici di Macsi spetterà un credito d’imposta nella misura del 10% delle spese sostenute nel 2020 per l’adeguamento tecnologico finalizzato alla produzione di manufatti compostabili;

  • l’istituzione dell’imposta sul consumo di bevande analcoliche edulcorate (Sugar Tax) nella misura di 10 euro per ettolitro, nel caso di prodotti finiti, e di 0,25 euro per chilogrammo, nel caso di prodotti predisposti a essere utilizzati previa diluizione. Si applicherà dal primo giorno del secondo mese successivo alla pubblicazione del decreto Mef che, entro agosto, dovrà definire le modalità attuative della norma;

  • l’estensione della disciplina dell’estromissione agevolata dei beni immobili strumentali alle esclusioni dal patrimonio dell’impresa dei beni posseduti al 31 ottobre 2019, effettuate dal 1° gennaio al 31 maggio 2020. La relativa imposta sostitutiva dell’8% andrà versata entro il 30 novembre 2020 (il 60% del totale) e il 30 giugno 2021 (il rimanente 40%);

  • l’introduzione di ulteriori condizioni per beneficiare del regime agevolato forfetario tra cui il limite di 20.000 euro di spese sostenute per il personale; l’esclusione per i redditi di lavoro dipendente o di pensione superiori a 30.000 euro. Prevista inoltre la riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’accertamento, per i contribuenti forfetari che, benché non obbligati, hanno un fatturato annuo costituito esclusivamente da fatture elettroniche. Abrogata, infine, la norma che prevedeva, dal 2020, l’imposta sostitutiva al 20% per le partite Iva con ricavi o compensi tra 65.001 e 100.000 euro.

Certificazione Unica 2018

Certificazione Unica 2018 per i redditi di lavoro dipendente ed equiparati, di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi

Per il periodo d’imposta 2017, i sostituti d’imposta devono rilasciare le certificazioni per i redditi di lavoro dipendente, autonomo, provvigioni e redditi diversi ai percipienti entro il 31 marzo 2018 (mediante invio postale o consegna diretta) e trasmettere le certificazioni in via telematica all’Agenzia Entrate entro il 7 marzo 2018.

Il termine ultimo per la trasmissione delle certificazioni uniche è fissato al 31 ottobre solo per le CU contenenti esclusivamente redditi esenti o non rilevanti ai fini della predisposizione della dichiarazione dei redditi precompilata, ovvero la Certificazione Unica dei lavoratori autonomi

È prevista una sanzione pari a 100 euro per ciascuna certificazione errata, omessa o tardiva. In caso di errata trasmissione, la sanzione non si applica se l’errore viene ravveduto entro i 5 giorni successivi alla scadenza.

Le novità nel modello 2018 sono essenzialmente due: l’inserimento della sezione relativa al nuovo regime delle locazioni brevi e la modifica della sezione relativa ai premi di risultato.

Con l’approvazione del modello relativo al periodo d’imposta 2017 l’Agenzia Entrate ha infatti introdotto nel modello di CU 2018 la sezione relativa ai redditi da locazione breve, secondo quanto previsto dal D.L. n. 50/2017.

Tale norma ha previsto che i soggetti che risiedono in Italia e che esercitano attività di intermediazione immobiliare e/o gestione portali web, sono tenuti ad applicare sul canone di locazione o corrispettivo pagato dall’utente, una ritenuta del 21% e al rilascio della conseguente certificazione unica in qualità di sostituti di imposta.

Si segnala che l’Agenzia Entrate ha reso disponibili sul proprio sito i software di compilazione e di controllo della Certificazione Unica 2018, utili per predisporre e verificare il modello inerente i redditi percepiti nel 2017.

Il software di compilazione permette appunto la compilazione della Certificazione Unica relativa ai redditi di lavoro dipendente, ai redditi di lavoro autonomo, provvigioni, redditi diversi e redditi da locazioni brevi e la creazione del relativo file da inviare telematicamente.

Il software di controllo, invece, consente di evidenziare, tramite appositi messaggi di errore, le anomalie o incongruenze riscontrate tra i dati contenuti nel modello di dichiarazione e nei relativi allegati e le indicazioni fornite dalle specifiche tecniche e dalla circolare dei controlli.

Regime forfettario: il superamento dei limiti e l’uscita dal regime

La chiusura ormai prossima dell’esercizio 2017 comporta la necessità di compiere una serie di valutazioni sulla convenienza del regime fiscale adottato e sulla possibilità di mantenerlo anche per il futuro. È quindi opportuno che il lavoratore autonomo o l’imprenditore individuale che abbia adottato il cosiddetto regime forfettario disciplinato dalla legge n. 190/2015 verifichi per tempo il rispetto dei requisiti per il mantenimento del regime agevolato e, se così non fosse, gli effetti che ne potrebbero scaturire.

Da un punto di vista soggettivo il regime in esame è fruibile dalle persone fisiche esercenti un’attività d’impresa, di arte o professione.

Da un punto di vista oggettivo invece l’accesso al nuovo regime agevolato, nonché il mantenimento dello stesso negli anni successivi, è possibile per i soggetti che possiedono determinati requisiti, tra cui:

  • i ricavi entro limiti stabiliti in base all’attività esercitata,

  • spese per lavoro dipendente non superiori a 5.000 euro,

  • e costo complessivo per i beni strumentali non superiore a 20.000 euro.

In estrema sintesi ricordiamo che la determinazione del reddito imponibile avviene forfettariamente, ovvero applicando le percentuali stabilite per categoria di attività. Il reddito imponibile così calcolato viene poi tassato al 15% (o al 5% per i primi cinque anni di nuove attività).

Al superamento di uno dei limiti previsti dalla legge, il regime forfettario non può più essere adottato, ma a differenza dell’ormai “vecchio” regime dei minimi, dove era importante fare attenzione alle soglie stabilite, in quanto se superate costringeva alla immediata fuoriuscita dal regime (già in corso d’anno) e con relativo obbligo di perfezionare tutti gli adempimenti dell’anno (istituzione registri, liquidazione Iva, etc.), nel sistema forfettario lo stesso “si mantiene” nell’anno a prescindere dall’ammontare di compensi raggiunto; la fuoriuscita dal regime si determina sempre nell’anno successivo.

L’ultimo anno di permanenza nel regime potrebbe quindi godere di una tassazione agevolata, a prescindere dal volume di ricavi realizzato, che potrebbe superare (anche di molto) il limite previsto dalla norma.

D’altro canto, un minimo superamento dei limiti (anche solo di pochi euro) potrebbe far perdere l’agevolazione per l’anno successivo.

Ecco perché l’andamento dei ricavi deve essere attentamente monitorato negli ultimi mesi dell’anno, tanto più per i soggetti che operando in regime “di cassa” potrebbero tentare di governare il volume dei ricavi.