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Il versamento del saldo IVA 2017

L’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale del periodo d’imposta 2017 deve essere versata entro il 16 marzo 2018.

Per chi non avesse rispettato la scadenza ricordiamo però che sono diverse le opzioni a disposizione (da aggiungersi al versamento tardivo mediante ravvedimento operoso).

Il versamento del saldo annuale può essere rateizzato in rate di pari importo di cui:

  • la prima deve essere versata entro il 16 marzo;

  • quelle successive devono essere versate entro il giorno 16 di ciascun mese di scadenza (16 aprile, 16 maggio, e così via) ed in ogni caso l’ultima rata non può essere versata oltre il 16 novembre.

Sull’importo delle rate successive alla prima è dovuto l’interesse fisso di rateizzazione pari allo 0,33% mensile (pertanto la seconda rata deve essere aumentata dello 0,33%, la terza rata dell’0,66%, la quarta dell’0,99% e così via).

Quindi, il mancato versamento alla data del 16 marzo del saldo potrebbe essere circoscritto alla prima rata: si potrebbe quindi ravvedere il versamento della prima rata ed effettuare i successivi versamenti regolarmente e senza dover aggiungere sanzioni.

Inoltre, il versamento del saldo IVA può anche essere differito alla scadenza prevista per il versamento delle somme dovute in base al Modello Redditi, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo d’interesse per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo.

In questo caso, l’Agenzia Entrate, in sede di Telefisco 2018, ha confermato che, per effetto di quanto disposto dal comma 11-bis, art. 37, della D.L. n. 223/2006, gli adempimenti fiscali (compresi gli obblighi di versamento) che scadono tra il 1° ed il 20 agosto di ogni anno, possono essere effettuati entro il giorno 20 dello stesso mese, senza alcuna maggiorazione e quindi, considerato che nel 2018 il 30 giugno cadrà di sabato, i 30 giorni successivi alla scadenza del termine per il saldo delle imposte sui redditi del 30 giugno 2018 (slittato al 2 luglio 2018) scadranno il 1° agosto 2018 e di conseguenza il 20 agosto per la “proroga estiva.

Ne consegue che il mancato versamento del saldo IVA 2017 entro il 16 marzo 2018 potrà essere “sanato” mediante:

  • ravvedimento operoso dell’importo dovuto al 16 marzo 2018, eventualmente limitato alla prima rata;

  • versamento entro il 2 luglio 2018, dell’importo dovuto al 16 marzo 2018 maggiorato degli interessi nella misura dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al termine di pagamento del saldo dovuto con riferimento alla dichiarazione dei redditi;

  • versamento entro il 20 agosto 2018, maggiorando le somme da versare (al 2 luglio) dello 0,40%, a titolo di interesse corrispettivo.

Ravvedimento operoso per la comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute

Il 16 ottobre 2017 è scaduto il termine (posticipato dal Mef con Comunicato Stampa n. 163 del 4 ottobre 2017) per l’invio della comunicazione dei dati delle fatture emesse e ricevute.

Viste le numerose difficoltà che contribuenti e professionisti hanno incontrato nell’espletare l’adempimento ricordiamo che è possibile sanare il mancato invio tramite l’istituto del ravvedimento operoso.

L’Agenzia Entrate con la Risoluzione n. 104/E pubblicata in data 28 luglio 2017 aveva fornito chiarimenti in merito agli aspetti sanzionatori e al ravvedimento operoso dell’adempimento.

Sanzioni Per l’omissione o errata trasmissione dei dati delle fatture si applica la sanzione amministrativa di 2 euro per ogni fattura, con un limite massimo di 1.000 euro ogni trimestre. È stata disposta la riduzione alla metà, entro quindi il limite massimo di 500 euro, della sanzione se la trasmissione viene effettuata entro i 15 giorni successivi alla scadenza ordinaria o se nel medesimo termine viene effettuata la trasmissione corretta dei dati.

Ravvedimento operoso – Ai fini della regolarizzazione delle violazioni predette è possibile applicare l’istituto del ravvedimento operoso ex art. 13 del D.Lgs. n. 472 del 18 dicembre 1997.

La violazione per l’omissione o l’errata trasmissione dei dati può essere regolarizzata inviando la nuova o omessa dichiarazione e applicando alle sanzioni le riduzioni previste a seconda del momento in cui viene effettuato il versamento, e quindi:

  • a 1/9 della sanzione in caso di regolarizzazione entro 90 giorni;

  • a 1/8 della sanzione in caso di regolarizzazione entro l’anno successivo;

  • a 1/7 della sanzione in caso di regolarizzazione entro il secondo anno successivo;

  • a 1/6 della sanzione in caso di regolarizzazione oltre il secondo anno successivo;

  • a 1/5 della sanzione in caso di regolarizzazione dopo la notifica dell’atto amministrativo.

Esempio

Ipotizzando, come indicato nella Risoluzione delle Entrate n. 104/E/2017, un’errata comunicazione di 180 fatture, la sanzione base sarebbe pari a 360 euro, ridotta a 180 euro se la correzione dell’adempimento avviene entro 15 giorni dalla scadenza e ulteriormente ridotta a seconda di quando viene realizzato il pagamento.

In caso di correzione e pagamento entro 15 giorni, la sanzione nel caso proposto sarà pari a 20 euro (360 x 50% = 180 x 1/9 = 20).

Ravvedimento IMU e TASI

In caso di omesso o insufficiente versamento della TASI o dell’IMU si applica l’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 che prevede per chi non esegue, in tutto o in parte, alle prescritte scadenze, i versamenti in acconto, i versamenti periodici, il versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione, una sanzione amministrativa pari al 30% di ogni importo non versato.

Con il D.Lgs. n. 158/2015, è stato riformato il sistema sanzionatorio penale e amministrativo con decorrenza dal 1° gennaio 2017, anticipato al 1°gennaio 2016 dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (Legge di Stabilità 2016) al comma 133.

Per quanto riguarda il ravvedimento operoso IMU/TASI (e TARI) il D.Lgs. n. 158/2015 prevede all’art. 15, comma 1, lettera o), la riscrittura dell’art. 13 del D.Lgs. n. 471/1997 che stabilisce la sanzione da applicare per omessi o parziali versamenti in misura pari al 30%, con riduzione a metà per versamenti effettuati nei primi 90 giorni dopo la scadenza.

In caso di accertamento notificato al contribuente, le sanzioni sono ridotte ad un terzo se, entro il termine per la proposizione del ricorso, interviene acquiescenza del contribuente, con pagamento del tributo, se dovuto, della sanzione e degli interessi.

In ogni caso, anche per la TASI e l’IMU è ammesso il ravvedimento operoso:

  • entro i 14 giorni successivi alla scadenza del termine originario con sanzione ridotta allo 0,1% per ogni giorno di ritardo: dallo 0,1% per un giorno di ritardo fino al 1,40% per 14 giorni;

  • decorsi i 14 giorni, resterà la possibilità di sanare il versamento entro il trentesimo giorno dalla scadenza originaria con la sanzione ridotta al 1,5%;

  • decorsi i 30 giorni e fino al novantesimo giorno dalla scadenza originaria con la sanzione ridotta al 1,67%;

  • decorsi i 90 giorni, resterà la possibilità di sanare il versamento entro i termini di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione o, in mancanza di dichiarazione, entro un anno dalla scadenza del versamento originario, con la sanzione ridotta al 3,75% (un ottavo del 30%).

Quindi per la scadenza dell’acconto (16 giugno) è possibile usufruire del ravvedimento operoso fino al 30 giugno dell’anno successivo mentre per il saldo è possibile usufruire del ravvedimento fino al 16 dicembre dell’anno successivo.

Alcuni Comuni per regolamento permettono comunque il ravvedimento entro il 31 Dicembre dell’anno successivo alla scadenza.

Dopo il termine previsto dal ravvedimento operoso si applica la sanzione del 30% dell’imposta e il contribuente non può più utilizzare il ravvedimento operoso. In tal caso, per regolarizzare la propria situazione è necessario rivolgersi all’Ufficio Tributi del proprio Comune.

ATTENZIONE: il cosiddetto “ravvedimento lunghissimo”, che prevede la possibilità di ulteriore ravvedimento fino a 2 e 5 anni, si applica solo per i tributi gestiti dall’Agenzia delle Entrate e non per i tributi locali come IMU e TASI.

Dal 1° gennaio 2017 il tasso di interesse legale per la determinazione degli interessi dovuti in caso di ravvedimento operoso è pari allo 0,1% annuo.

A decorrere dall’anno 2014 deve essere presentata anche la Dichiarazione TASI, anch’essa al Comune in cui sono ubicati gli immobili. Il Dipartimento delle Finanze, con la circolare 3 giugno 2015, n. 2, ha però precisato che non è necessaria la predisposizione di uno specifico modello di dichiarazione per la tassa sui servizi indivisibili (TASI), ma è possibile utilizzare la dichiarazione IMU anche per assolvere gli adempimenti dichiarativi TASI.

Con riferimento alla Dichiarazione IMU/TASI è sanzionata:

  • la mancata presentazione della dichiarazione IMU entro i termini ordinari, regolarizzata entro i seguenti 90 giorni (dichiarazione “tardiva”);

  • la presentazione di una dichiarazione IMU infedele, ovvero contenente dati non reali o errori che possono anche incidere sulla determinazione del tributo;

  • la mancata esibizione o trasmissione agli organi accertatori di atti e documenti utili ai fini dell’attività di accertamento.

L’omessa presentazione della dichiarazione IMU è punita con la sanzione percentuale che va dal 100 al 200% del tributo dovuto, con un minimo di euro 51,00 (art. 14, comma 1, del D.Lgs. n. 504/1992).

La presentazione di una Dichiarazione IMU infedele, contenente dati non corrispondenti a quelli reali, è sanzionata:

  • con una sanzione amministrativa in percentuale, compresa tra il 50 ed il 100% della maggiore imposta dovuta (art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 504/1992) se l’errore incide sulla determinazione dell’imposta;

  • con una sanzione fissa, compresa tra euro 51,00 ed euro 258,00 (art. 14, comma 3, del D.Lgs. n. 504/1992) negli altri casi.

Anche in questi casi è possibile attivarsi beneficiando delle riduzioni di sanzione previste dal ravvedimento operoso.

Adempimenti Intrastat, sanzioni e ravvedimento operoso

È scaduto il 26 aprile il termine per la presentazione degli elenchi riepilogativi Intrastat riferiti al primo trimestre o al mese di marzo 2017 ed assume particolare importanza cercare di chiarire il quadro normativo dal punto di vista degli adempimenti e delle sanzioni applicabili nel caso di violazione degli obblighi.
Originariamente, l’art. 4 del D.L. n. 193/2016, collegato alla Legge di Bilancio 2017, aveva previsto la soppressione, a partire dal 1° gennaio 2017, dell’obbligo di presentazione degli Intrastat relativi agli acquisti intracomunitari di beni e alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti IVA comunitari.
Successivamente, tramite l’art. 13, comma 4 ter, del D.L. n. 244/2016, convertito in legge (Decreto Milleproroghe), il quadro normativo è stato nuovamente modificato,
ripristinando l’obbligo delle comunicazioni Intrastat fino al 31 dicembre 2017 ed annullando quanto previsto dal D.L. n. 193/2016.

Tramite un comunicato stampa del 16 marzo 2017, l’Agenzia Entrate e l’Agenzia delle Dogane hanno cercato di fare chiarezza dichiarando il pieno ripristino degli obblighi comunicativi per i soggetti mensili per i dati relativi al mese di febbraio 2017, la cui scadenza era fissata nel 27 marzo 2017 (il 25 marzo era sabato).
Considerando che l’entrata in vigore del Decreto Milleproroghe è avvenuta a ridosso della scadenza prevista per l’invio, in caso di ritardi nella trasmissione dei dati, non saranno applicabili sanzioni, così come stabilito dallo Statuto del Contribuente.

Data la proroga degli obblighi Intrastat in vigore al 2016, l’obbligo di comunicazione è stato ripristinato anche per i soggetti trimestrali, la cui scadenza era fissata, per il primo trimestre, al 26 aprile 2017.
Si ricorda che, dato quanto stabilito dalle norme in vigore nel 2016, la periodicità di presentazione dei modelli si effettua trimestralmente per quei soggetti che, per ciascuna categoria di operazioni (beni o servizi) e nei quattro trimestri precedenti a quello di riferimento, hanno effettuato acquisti/cessioni Intra di beni ovvero ricevuto/reso prestazioni di servizi Intra per un ammontare non superiore a 50.000 euro.
Per quanto riguarda il sistema sanzionatorio, secondo quanto disposto dall’art. 11, comma 4, del D.Lgs n. 471/1997,
l’omessa presentazione degli elenchi riepilogativi, ovvero la loro incompleta, inesatta o irregolare compilazione, è punita con una sanzione da 500 a 1.000 euro per ciascuno di essi, con riduzione alla metà in caso di presentazione entro 30 giorni dalla richiesta inviata dagli uffici incaricati del controllo. La correzione di dati inesatti o la loro integrazione non è sanzionata se avviene spontaneamente o comunque entro 30 giorni dalla richiesta degli uffici competenti.

In sintesi:

  • Omessa presentazione elenco riepilogativo – da 500 a 1.000 euro

  • Presentazione tardiva entro 30 giorni dalla richiesta dell’ufficio – da 250 a 500 euro

  • Presentazione elenco incompleto, inesatto o irregolare – da 500 a 1.000 euro

  • Regolarizzazione entro 30 giorni dalla richiesta dell’ufficio o regolarizzazione spontanea dell’interessato – nessuna sanzione

  • Regolarizzazione degli errori od omissioni dopo la constatazione da parte dell’Amministrazione – 100 euro (1/5 del minimo)

Per sanare le violazioni è possibile usufruire dell’istituto del ravvedimento operoso, codice tributo 8911, indicando quale anno di riferimento quello cui la violazione si riferisce:

  • entro i 90 giorni successivi alla scadenza del termine di presentazione dell’elenco riepilogativo – sanzione pari a 1/9 del minimo, ovvero € 55,56;

  • entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno nel corso del quale la violazione è stata commessa – sanzione pari a 1/8 del minimo, ovvero € 62,50;

  • entro il termine di presentazione della dichiarazione Iva relativa all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione – sanzione pari a 1/7 del minimo, ovvero € 71,42;

  • oltre il termine di presentazione della dichiarazione relativa Iva all’anno successivo a quello nel corso del quale è stata commessa la violazione – sanzione pari a 1/6 del minimo, ovvero € 83,33.

Dichiarazione di intento 2017 novità

Con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia Entrate 2 dicembre 2016, n. 213221, è stato approvato un nuovo modello per la dichiarazione di intento di acquistare o importare beni e servizi senza applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, che deve essere utilizzato per le operazioni di acquisto da effettuare a partire dal 1° marzo 2017.

Rispetto al modello precedente, il nuovo modello non prevede più la possibilità di riferire la dichiarazione d’intento ad un determinato periodo (da specificare nei campi 3 e 4 della sezione “dichiarazione”).

Il nuovo modello può essere utilizzato solo per le operazioni di acquisto da effettuare a partire dal 1° marzo 2017, pertanto per le operazioni da effettuare sino al 28 febbraio 2017 deve essere utilizzato il vecchio modello.

Nel caso in cui sia stata presentata una dichiarazione d’intento con il vecchio modello nel quale siano stati compilati i campi 3 e 4 “operazioni comprese nel periodo da” (es. dal 01/01/2017 al 31/12/2017), la dichiarazione non avrà validità per le operazioni di acquisto da effettuare a partire dal 1° marzo 2017. Per tali operazioni dovrà quindi essere presentata una nuova dichiarazione d’intento, utilizzando il nuovo modello.

Nel caso invece in cui sia stata presentata una dichiarazione d’intento con il vecchio modello nel quale sia stato compilato il campo 1 “una sola operazione per un importo fino ad euro” o il campo 2 “operazioni fino a concorrenza di euro”, la dichiarazione continuerà ad essere valida, fino a concorrenza dell’importo indicato, rispettivamente per la sola operazione o per le più operazioni di acquisto effettuate anche dopo il 1° marzo 2017. In questi casi, quindi, non dovrà essere presentata una nuova dichiarazione d’intento.

L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione 6 febbraio 2017, n. 16/E, ha fornito chiarimenti per le modalità di regolarizzazione dello “splafonamento”, ovvero quando l’esportatore abituale ha acquistato o importato beni e servizi senza il pagamento dell’imposta oltre il limite del plafond disponibile.

Lo “splafonamento” è una violazione regolarizzabile; l’esportatore abituale, oltre all’IVA dovuta, dovrà versare gli interessi e una sanzione che va dal 100% al 200% dell’imposta dovuta.

Le possibili procedure per regolarizzare lo splafonamento sono tre:

  • la richiesta al cedente/prestatore di emettere note in aumento dell’IVA;

  • l’emissione, in duplice copia, di un’autofattura e il versamento diretto dell’IVA, delle sanzioni e degli interessi;

  • l’emissione di un’autofattura entro il 31 dicembre dell’anno dello “splafonamento” e l’assolvimento dell’IVA, comprensiva degli interessi, in sede di liquidazione periodica.

Nuovo ravvedimento operoso: i chiarimenti dell’Agenzia Entrate

Con Comunicato stampa pubblicato il 12 ottobre 2016 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito alcuni aspetti contenuti nella circolare n. 42/E del 12 ottobre 2016 riguardante la riduzione delle sanzioni, alla luce delle modifiche apportate dalla legge di Stabilità 2015 e dal D.Lgs n. 158/2015 (riforma del sistema sanzionatorio).

Quando l’errore viene corretto entro 90 giorni dalla scadenza, in caso di dichiarazione integrativa o sostitutiva, l’agevolazione cambia a seconda del tipo di errore:

  • in presenza di errori rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale, la sanzione applicabile è solo quella per omesso versamento, pari al 30% dell’importo non versato, con riduzione, in caso di ravvedimento, che varia a seconda del momento in cui avviene il ravvedimento (non trova più applicazione la sanzione fissa di euro 250);

  • in presenza di errori non rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale, la sanzione prevista è quella per le “violazioni relative al contenuto e alla documentazione delle dichiarazioni” trattate dall’art. 8 del D.Lgs. n. 471 del 1997. Il contribuente dovrà versare la sanzione di euro 250, ridotta a 1/9 in caso di ravvedimento (euro 27,78) e quella per omesso versamento, se dovuto, in misura ridotta a seconda del momento in cui viene regolarizzata la sanzione.

Invece, in caso di dichiarazione tardiva, cioè presentata entro 90 giorni dalla scadenza, si applica la sanzione in misura fissa, euro 250, ridotta di 1/10, e quindi pari ad euro 25. Qualora alla tardività della dichiarazione si accompagni un carente o tardivo versamento bisogna applicare anche la sanzione per omesso versamento, ridotta a seconda del momento in cui avviene la regolarizzazione della sanzione.

Quando l’errore viene corretto dopo i 90 giorni, dal 1° gennaio 2016 se il contribuente vuole regolarizzare la propria posizione:

  • in presenza di errori rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale, la sanzione applicabile è quella per omesso versamento, pari al 30% dell’importo non versato, con riduzione, in caso di ravvedimento, che varia a seconda del momento in cui avviene il ravvedimento stesso;

  • in presenza di errori non rilevabili in sede di controllo automatizzato o formale, la sanzione prevista è pari al 90% della maggiore imposta dovuta e della differenza del credito utilizzato. Se invece si è in presenza di violazioni che integrano ipotesi di irregolarità senza imposta dovuta, e non di dichiarazione infedele, la sanzione rimane quella prevista dall’art. 8 anche dopo i 90 giorni. In entrambi i casi, con il ravvedimento si applica una riduzione della sanzione che varia a seconda del momento in cui avviene la regolarizzazione.

L’Agenzia ricorda inoltre che oltre i 90 giorni non è possibile sanare con il ravvedimento il caso dell’omessa dichiarazione, anche quando è stata inviata entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo.

Comunicazioni anomalie da studi di settore

accertamento

Anche quest’anno l’Agenzia Entrate ha inviato comunicazioni di anomalia ai contribuenti che, a seguito di un mero riscontro informatico dei dati dichiarati negli studi di settore per il triennio 2012-2014, avrebbero omesso o indicato non correttamente i dati rilevanti per l’applicazione degli studi di settore.

L’evento è piuttosto frequente considerato che l’Agenzia Entrate ha informato di aver trasmesso 160.693 comunicazioni di anomalia.

Le comunicazioni si suddividono in 62 tipologie classificabili in 12 macrocategorie:

  1. Incoerenze relative alla gestione del magazzino;
  2. Incoerenze tra rimanenze finali ed esistenze iniziali;
  3. Incoerenze relative ai beni strumentali;
  4. Incoerenze dell’indicatore “Incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi/compensi”;
  5. Incongruenze dei dati relativi alla presenza di soci, percentuale di lavoro prestato, assenza di altri addetti e numero di giorni di apertura;
  6. Mancata / errata indicazione di dati fondamentali nel modello studi di settore;
  7. Indicazione nel mod. UNICO della causa di esclusione “7” per 3 periodi d’imposta consecutivi;
  8. Incongruenze relative al costo del venduto;
  9. Indicazione di utili spettanti ad associati in partecipazione con apporto di solo lavoro e omessa indicazione del numero e/o della percentuale di lavoro prestato dagli associati;
  10. Indicazione di spese per la locazione di immobili e omessa indicazione delle superfici delle unità locali utilizzate;
  11. Incongruenza tra i dati indicati nel quadro F e quelli indicati nel quadro T;
  12. Incongruenza tra studio di settore presentato e dati strutturali indicati.

Le comunicazioni di anomalia sono inviate agli intermediari delegati al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. Ma un invito ad accedere al proprio cassetto fiscale viene trasmesso anche agli indirizzi di posta elettronica certificata (Pec) attivati dai contribuenti e via mail o sms, nel caso dei soggetti direttamente abilitati ai servizi telematici delle Entrate.

I contribuenti che hanno ricevuto le informazioni dall’Agenzia possono regolarizzare gli errori e le omissioni eventualmente commesse, secondo le modalità previste dall’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs n. 472/1997), beneficiando così della riduzione delle sanzioni (graduata in ragione della tempestività delle correzioni). L’accesso ai benefici del ravvedimento operoso resta salvo a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata o che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo, delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza, salvo la formale notifica di un atto di liquidazione, di irrogazione delle sanzioni o, in generale, di accertamento e il ricevimento delle comunicazioni di irregolarità e degli esiti del controllo formale.