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I nuovi obblighi per le ritenute fiscali negli appalti

Dal 1° gennaio 2020, l’art. 4 del D.L. n. 124/2019, convertito in legge n. 157/2019, ha previsto nuovi obblighi in materia di ritenute fiscali e compensazioni a committenti e appaltatori.

In particolare, il committente che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi:

  • di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa,

  • tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente,

  • con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente,

è tenuto a richiedere alle imprese appaltatrici/subappaltatrici/affidatarie copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali per i lavoratori dipendenti e assimilati direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera e del servizio.

Le imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici dovranno effettuare i versamenti delle ritenute con F24 specifico per singolo committente, senza poter effettuare compensazioni con propri crediti fiscali. Inoltre, entro i 5 giorni lavorativi successivi, dovranno trasmettere al committente:

  • le deleghe di pagamento;

  • un elenco nominativo dei lavoratori impiegati direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente nel mese precedente (identificati mediante codice fiscale), con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.

La norma permette all’Agenzia delle Entrate di definire con proprio provvedimento delle modalità di trasmissione telematica di queste informazioni.

Gli obblighi si applicano ai sostituti d’imposta residenti nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sul reddito e quindi a:

  • società;

  • enti pubblici e privati diversi dalle società;

  • soggetti di cui all’art. 5 del TUIR (associazioni professionali, società di persone ecc.);

  • imprese individuali commerciali e agricole;

  • persone fisiche esercenti arti e professioni;

  • curatori o commissari liquidatori.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 23 dicembre 2019 ha chiarito che il criterio di quantificazione delle ritenute attribuibili alla commessa deve essere oggettivo, quale, ad esempio, il numero di ore impiegate in esecuzione della specifica commessa. La stessa risoluzione stabilisce che le informazioni fornite dalle imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici servono al committente per verificare il corretto versamento delle ritenute (quindi ponendo a carico di quest’ultimo un obbligo di controllo). La risoluzione dell’Agenzia Entrate n. 109/E del 24 dicembre 2019 ha inoltre stabilito i dati da indicare negli F24. In particolare deve essere indicato il codice identificativo “09” nella sezione anagrafica del modello unitamente al codice fiscale del committente.

Nel caso in cui l’impresa appaltatrice/affidataria/subappaltatrice non provveda alla trasmissione di quanto indicato sopra, oppure non esegua il versamento delle ritenute, il committente ha l’obbligo di sospendere i pagamenti fino al 20% del valore complessivo dell’opera, oppure per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate rispetto a quanto indicato nella documentazione trasmessa. Inoltre egli deve comunicare il mancato pagamento entro 90 giorni all’Agenzia delle Entrate.

Se il committente viola gli obblighi previsti da questa norma, incorre in una sanzione pari a quella applicata alla parte appaltatrice/affidataria/ subappaltatrice per le relative omissioni. In particolare, le sanzioni possibili sono le seguenti (che si riducono se l’impresa affidataria effettua il ravvedimento operoso):

  • in caso di violazione dell’obbligo di effettuazione delle ritenute, 20% dell’ammontare non trattenuto;

  • in caso di omesso o tardivo versamento delle ritenute, 30% dell’importo versato o ritardato;

  • in caso di incompletezza dei modelli F24 (se non contengono gli elementi necessari per l’identificazione del soggetto che esegue i versamenti), da 100 a 500 euro.

Fino al pagamento delle ritenute l’impresa appaltatrice/affidataria /subappaltatrice non può esperire alcuna azione esecutiva a tutela del proprio credito. La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 23 dicembre 2019 ha stabilito che questi obblighi trovano applicazione con riferimento alle ritenute operate a decorrere dal mese di gennaio 2020 anche con riguardo ai contratti di appalto, affidamento o subappalto stipulati in data precedente al 1° gennaio 2020.

La norma prevede tuttavia una importante disciplina alternativa, nella quale gli obblighi descritti non trovano applicazione. In tal caso è necessario che le imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici comunichino al committente di possedere, con riferimento all’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza delle ritenute, i seguenti requisiti:

  • esistenza in attività da almeno 3 anni;

  • regolarità con gli obblighi dichiarativi;

  • versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;

  • assenza di iscrizioni a ruolo/accertamenti esecutivi/avvisi di addebito affidati agli agenti di riscossione relativi a imposte sul reddito, IRAP, ritenute e contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro, per i quali i termini di pagamenti siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Questa disposizione però non si applica se le somme sono oggetto di rateazione non ancora decaduta.

A questa comunicazione bisogna allegare una certificazione che attesti la sussistenza di questi requisiti messa a disposizione alle singole imprese dall’Agenzia delle Entrate e ha validità di 4 mesi dalla data di rilascio. Le imprese che possiedono questi requisiti possono compensare le ritenute con i propri crediti fiscali. Tale certificazione, denominata “DURC Fiscale” è rilasciata presso qualsiasi Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate, entro 3 giorni dalla richiesta. Purtroppo non è attualmente prevista una modalità di richiesta telematica. Nel caso in cui fino al 30 aprile 2020, l’appaltatore abbia correttamente determinato ed effettuato i versamenti delle ritenute fiscali (salvo il divieto di compensazione e connesse eccezioni di cui al par. 4.1.), senza utilizzare per ciascun committente distinte deleghe, al committente non sarà contestata la violazione (in tal senso la Circolare Agenzia Entrate n. 1 del 12 febbraio 2020).

Credito d’imposta 2020 sugli investimenti in beni strumentali

La legge di Bilancio 2020 (legge n. 160/2019), tra le tante novità, prevede l’introduzione, in sostituzione delle discipline dell’iper e del super ammortamento, di un credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali, compresi quelli immateriali funzionali alla trasformazione tecnologica secondo il modello Industria 4.0.
In particolare, l’agevolazione consiste in un credito d’imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione tramite modello F24 ed è riservata alle imprese che effettuano investimenti in beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2020 ovvero fino al 30 giugno 2021 a condizione che, entro il 31 dicembre 2020, il relativo ordine risulti accettato dal venditore e siano stati pagati acconti per almeno il 20% del costo di acquisizione.

Sono agevolabili gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa;

Restano esclusi:

  • i veicoli e gli altri mezzi di trasporto a motore indicati all’art. 164, comma 1, Tuir;

  • i beni per i quali il D.M. 31 dicembre 1988 stabilisce coefficienti di ammortamento ai fini fiscali inferiori al 6,5%;

  • i fabbricati e le costruzioni;

  • i beni elencati nell’allegato 3 della legge n. 208/2015 (condutture utilizzate dalle industrie di imbottigliamento di acque minerali naturali o dagli stabilimenti balneari e termali; condotte utilizzate dalle industrie di produzione e distribuzione di gas naturale; aerei completi di equipaggiamento; materiale rotabile, ferroviario e tramviario);

  • i beni gratuitamente devolvibili delle imprese operanti, in concessione e a tariffa, nei settori dell’energia, dell’acqua, dei trasporti, delle infrastrutture, delle poste, delle telecomunicazioni, della raccolta e depurazione delle acque di scarico e della raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Danno accesso al credito d’imposta anche gli investimenti in beni immateriali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa, di cui all’allegato B della legge n. 232/2016 (software, sistemi, piattaforme, applicazioni).

L’incentivo ha sostituito le precedenti discipline del super e dell’iper ammortamento che, per gli investimenti negli stessi beni, riconoscevano una maggiorazione del costo di acquisizione, permettendo una maggiore deduzione di quote di ammortamento e canoni di leasing.

Per evitare la sovrapposizione tra le diverse misure agevolative, il credito d’imposta non spetta per:

  • gli investimenti riguardanti beni diversi da quelli “Industria 4.0” effettuati tra il 1° gennaio e il 30 giugno 2020 e per i quali, entro il 31 dicembre 2019, il venditore ha accettato l’ordine e sono stati pagati acconti per almeno il 20% del costo di acquisizione (fruiscono del super ammortamento ex art. 1, D.L. n. 34/2019);

  • gli investimenti riguardanti i beni “Industria 4.0” effettuati tra il 1º gennaio e il 31 dicembre 2020 e per i quali, entro il 31 dicembre 2019, il venditore ha accettato l’ordine e sono stati pagati acconti per almeno il 20% del costo di acquisizione (fruiscono, a seconda dei beni, dell’iper ammortamento o della maggiorazione del 40% ex art. 1, commi 60 e 62, legge n. 145/2018).

Possono accedere al credito d’imposta tutte le imprese residenti in Italia, incluse le stabili organizzazioni di soggetti non residenti, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale di determinazione del reddito.

La fruizione del beneficio è subordinata al rispetto delle normative sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e al corretto versamento dei contributi previdenziali e assistenziali a favore dei lavoratori.

Sono escluse le imprese destinatarie di sanzioni interdittive (art. 9, comma 2, D.Lgs. n. 231/2001) e quelle in stato di liquidazione volontaria, fallimento, liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo senza continuità aziendale o altra procedura concorsuale prevista dalla legge fallimentare (R.D. n. 267/1942), dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) o da altre leggi speciali oppure che abbiano in corso un procedimento per la dichiarazione di una di queste situazioni.

Il credito d’imposta spetta anche per gli investimenti effettuati dagli esercenti arti e professioni riguardanti beni diversi da quelli materiali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0” e da quelli immateriali a essi connessi (allegati A e B alla legge n. 232/2016).

Diversamente dal super ammortamento, l’agevolazione, trattandosi di un credito di imposta e non di un “maggior” costo, spetta ai contribuenti in regime forfetario (legge n. 190/2014).

La misura dell’agevolazione è diversa a seconda della tipologia dei beni oggetto dell’investimento:

  • per i beni materiali funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”, il credito d’imposta è pari al 40% del costo, per investimenti fino a 2,5 milioni di euro, e al 20%, per la quota eccedente e fino al limite massimo di 10 milioni di euro. Per gli investimenti in leasing, si considera il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni (Allegato A alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 – Beni funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello «Industria 4.0»);

  • per i beni immateriali connessi a investimenti in beni materiali “Industria 4.0”, il credito d’imposta è pari al 15%, nel limite massimo di 700mila euro di costi ammissibili (Allegato B alla legge 11 dicembre 2016, n. 232 – Beni immateriali – software, sistemi e system integration, piattaforme e applicazioni – connessi a investimenti in beni materiali «Industria 4.0»);

  • per i beni diversi da quelli di cui ai due punti precedenti, il credito d’imposta è pari al 6% del costo, determinato ai sensi dell’art. 110, comma 1, lettera b), del Tuir, nel tetto di 2 milioni di costi ammissibili.

Per gli investimenti in leasing, si assume il costo sostenuto dal locatore per l’acquisto dei beni.

Il credito d’imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, in 5 (cinque) quote annuali di pari importo, ridotte a tre per gli investimenti in beni immateriali. La fruizione in F24 del credito d’imposta può avvenire a decorrere:

  • dall’anno successivo a quello di entrata in funzione dei beni, per gli investimenti in beni diversi da quelli “Industria 4.0”;

  • dall’anno successivo a quello dell’avvenuta interconnessione dei beni al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura, per gli investimenti in beni “Industria 4.0”.

La disciplina del nuovo credito d’imposta per investimenti in beni strumentali prevede, a differenza di quanto previsto per i super e iper-ammortamenti, l’indicazione nella fattura di acquisto del bene di un’apposita dicitura (già dal 1° gennaio 2020).

L’art. 1, comma 195, della legge n. 160/2019 prevede infatti che “ai fini dei successivi controlli, i soggetti che si avvalgono del credito d’imposta sono tenuti a conservare, pena la revoca del beneficio, la documentazione idonea a dimostrare l’effettivo sostenimento e la corretta determinazione dei costi agevolabili.

A tal fine, le fatture e gli altri documenti relativi all’acquisizione dei beni agevolati devono contenere l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 184 a 194”.

In caso di acquisto, occorre comunicare al fornitore del bene la richiesta di inserire in uno dei campi descrittivi della fattura elettronica di acquisto l’espresso riferimento alle disposizioni dei commi da 184 a 194 dell’art. 1 della legge n. 160/2019.

Non è chiaro al momento se la mancata indicazione della dicitura in fattura comporti o meno la decadenza dal beneficio o quale altra sanzione. Ma in caso di omissione, riteniamo prudente richiedere lo storno della fattura elettronica carente della dicitura (con nota di credito) e la riemissione della fattura elettronica completa della dicitura.

Si riepiloga:

Tipologia di investimenti agevolabili

Limite

Misura del credito d’imposta

Tempo di recupero

Beni Materiali Strumentali Nuovi (comma 188) ex “super ammortamento”

fino ad euro 2 milioni

6%

5 quote annuali di pari importo

Beni Materiali Strumentali Nuovi di cui all’allegato A) della Legge di Bilancio 2017 (comma 189), ex “iper ammortamento” beni materiali

fino ad euro 2,5 milioni

40%

5 quote annuali di pari importo

oltre euro 2,5 milioni – fino ad euro 10 milioni

20%

Beni Immateriali Strumentali Nuovi di cui all’allegato B) della Legge di Bilancio 2017 (comma 190), ex “iper ammortamento” beni immateriali

fino ad euro 700.000

15%

3 quote annuali di pari importo

 

Le novità del regime forfettario (Flat Tax)

L’attuale bozza della legge di Bilancio prevede importanti modifiche del regime forfetario previsto dalla legge n. 190/2014.

Le novità riguardano:

  • sia i contribuenti che non aderiscono attualmente al regime, ma che potrebbero beneficiarne dal prossimo 1° gennaio 2019;

  • sia quelli che ne stanno beneficiando ma che potrebbero risultarne “espulsi” dal prossimo 1° gennaio 2019.

In primo luogo, verrà innalzato il limite massimo di ricavi o compensi per usufruire del regime, che diventerà pari a 65.000 euro per tutte le tipologie di attività (a prescindere, quindi, dal codice ATECO dell’attività esercitata). Nel primo anno questo limite è ragguagliato al numero di giorni dall’inizio dell’attività alla fine dell’anno.

Inoltre verranno rimossi i limiti del valore dei beni strumentali posseduti (attualmente fissato a 20.000 euro), delle spese del lavoro dipendente (limite pari a 5.000 euro) e dell’ammontare del reddito da lavoro dipendente o assimilato (attualmente pari a 30.000 euro).

Cause di esclusione

Un importante cambiamento riguarderà le cause di esclusione dal regime: dal 2019 resteranno esclusi dal regime non solo coloro che partecipano a società di persone, associazioni professionali od imprese familiari di cui all’art. 5 del TUIR, ma anche chi partecipa a società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, a prescindere che si adotti o meno il regime di trasparenza fiscale di cui all’art. 117 TUIR.

Inoltre verranno esclusi i soggetti che avranno percepito redditi di lavoro dipendente o assimilato e che svolgeranno attività di impresa o di lavoro autonomo prevalentemente nei confronti anche di uno degli ex datori di lavoro dei due anni precedenti (o altro soggetto agli stessi direttamente o indirettamente riconducibile).

Restano infine confermate le ulteriori cause di esclusione:

  • persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini IVA o di altri regimi forfetari di determinazione del reddito e dunque: agricoltura e attività connesse e pesca, vendita sali e tabacchi, commercio dei fiammiferi, editoria, gestione di servizi di telefonia pubblica, rivendita di documenti di trasporto pubblico e di sosta, intrattenimenti, giochi e altre attività di cui alla tariffa allegata al D.P.R. n. 640/1972, agenzie di viaggi e turismo, agriturismo, vendite a domicilio, rivendita di beni usati, di oggetti d’arte, d’antiquariato o da collezione, agenzie di vendite all’asta di oggetti d’arte, antiquariato o da collezione;

  • soggetti non residenti. È prevista un’eccezione per quelli residenti in uno degli Stati membri dell’UE o in uno Stato aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo che assicuri un adeguato scambio di informazioni. In tal caso, però, il soggetto deve produrre nel territorio italiano almeno il 75% del reddito complessivamente prodotto;

  • soggetti che in via esclusiva o prevalente effettuano cessioni di fabbricati o porzioni di fabbricato, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi

Tassazione

I contribuenti forfettari pagano un’imposta sostitutiva dell’IRPEF (15%) su un imponibile determinato applicando al fatturato una percentuale di redditività predeterminata in base al codice ATECO dell’attività esercitata.

L’aliquota si riduce al 5 % in caso di nuova attività, nel rispetto delle seguenti condizioni:

  1. il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, attività artistica, professionale ovvero d’impresa, anche in forma associata o familiare;

  2. l’attività da esercitare non costituisca, in nessun modo, mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, escluso il caso in cui l’attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni;

  3. qualora venga proseguita un’attività svolta in precedenza da altro soggetto, l’ammontare dei relativi ricavi e compensi (realizzati nel periodo d’imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio), sia inferiore al limite previsto per il regime forfetario.

Le novità di cui abbiamo scritto sono contenute nella bozza di legge di Bilancio che potrebbe subire modifiche prima della sua approvazione (prevista per gli ultimi giorni del 2018).

Regime forfettario: il superamento dei limiti e l’uscita dal regime

La chiusura ormai prossima dell’esercizio 2017 comporta la necessità di compiere una serie di valutazioni sulla convenienza del regime fiscale adottato e sulla possibilità di mantenerlo anche per il futuro. È quindi opportuno che il lavoratore autonomo o l’imprenditore individuale che abbia adottato il cosiddetto regime forfettario disciplinato dalla legge n. 190/2015 verifichi per tempo il rispetto dei requisiti per il mantenimento del regime agevolato e, se così non fosse, gli effetti che ne potrebbero scaturire.

Da un punto di vista soggettivo il regime in esame è fruibile dalle persone fisiche esercenti un’attività d’impresa, di arte o professione.

Da un punto di vista oggettivo invece l’accesso al nuovo regime agevolato, nonché il mantenimento dello stesso negli anni successivi, è possibile per i soggetti che possiedono determinati requisiti, tra cui:

  • i ricavi entro limiti stabiliti in base all’attività esercitata,

  • spese per lavoro dipendente non superiori a 5.000 euro,

  • e costo complessivo per i beni strumentali non superiore a 20.000 euro.

In estrema sintesi ricordiamo che la determinazione del reddito imponibile avviene forfettariamente, ovvero applicando le percentuali stabilite per categoria di attività. Il reddito imponibile così calcolato viene poi tassato al 15% (o al 5% per i primi cinque anni di nuove attività).

Al superamento di uno dei limiti previsti dalla legge, il regime forfettario non può più essere adottato, ma a differenza dell’ormai “vecchio” regime dei minimi, dove era importante fare attenzione alle soglie stabilite, in quanto se superate costringeva alla immediata fuoriuscita dal regime (già in corso d’anno) e con relativo obbligo di perfezionare tutti gli adempimenti dell’anno (istituzione registri, liquidazione Iva, etc.), nel sistema forfettario lo stesso “si mantiene” nell’anno a prescindere dall’ammontare di compensi raggiunto; la fuoriuscita dal regime si determina sempre nell’anno successivo.

L’ultimo anno di permanenza nel regime potrebbe quindi godere di una tassazione agevolata, a prescindere dal volume di ricavi realizzato, che potrebbe superare (anche di molto) il limite previsto dalla norma.

D’altro canto, un minimo superamento dei limiti (anche solo di pochi euro) potrebbe far perdere l’agevolazione per l’anno successivo.

Ecco perché l’andamento dei ricavi deve essere attentamente monitorato negli ultimi mesi dell’anno, tanto più per i soggetti che operando in regime “di cassa” potrebbero tentare di governare il volume dei ricavi.

Comunicazioni anomalie da studi di settore

accertamento

Anche quest’anno l’Agenzia Entrate ha inviato comunicazioni di anomalia ai contribuenti che, a seguito di un mero riscontro informatico dei dati dichiarati negli studi di settore per il triennio 2012-2014, avrebbero omesso o indicato non correttamente i dati rilevanti per l’applicazione degli studi di settore.

L’evento è piuttosto frequente considerato che l’Agenzia Entrate ha informato di aver trasmesso 160.693 comunicazioni di anomalia.

Le comunicazioni si suddividono in 62 tipologie classificabili in 12 macrocategorie:

  1. Incoerenze relative alla gestione del magazzino;
  2. Incoerenze tra rimanenze finali ed esistenze iniziali;
  3. Incoerenze relative ai beni strumentali;
  4. Incoerenze dell’indicatore “Incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi/compensi”;
  5. Incongruenze dei dati relativi alla presenza di soci, percentuale di lavoro prestato, assenza di altri addetti e numero di giorni di apertura;
  6. Mancata / errata indicazione di dati fondamentali nel modello studi di settore;
  7. Indicazione nel mod. UNICO della causa di esclusione “7” per 3 periodi d’imposta consecutivi;
  8. Incongruenze relative al costo del venduto;
  9. Indicazione di utili spettanti ad associati in partecipazione con apporto di solo lavoro e omessa indicazione del numero e/o della percentuale di lavoro prestato dagli associati;
  10. Indicazione di spese per la locazione di immobili e omessa indicazione delle superfici delle unità locali utilizzate;
  11. Incongruenza tra i dati indicati nel quadro F e quelli indicati nel quadro T;
  12. Incongruenza tra studio di settore presentato e dati strutturali indicati.

Le comunicazioni di anomalia sono inviate agli intermediari delegati al momento della presentazione della dichiarazione dei redditi. Ma un invito ad accedere al proprio cassetto fiscale viene trasmesso anche agli indirizzi di posta elettronica certificata (Pec) attivati dai contribuenti e via mail o sms, nel caso dei soggetti direttamente abilitati ai servizi telematici delle Entrate.

I contribuenti che hanno ricevuto le informazioni dall’Agenzia possono regolarizzare gli errori e le omissioni eventualmente commesse, secondo le modalità previste dall’istituto del ravvedimento operoso (art. 13 del D.Lgs n. 472/1997), beneficiando così della riduzione delle sanzioni (graduata in ragione della tempestività delle correzioni). L’accesso ai benefici del ravvedimento operoso resta salvo a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata o che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di controllo, delle quali il contribuente abbia avuto formale conoscenza, salvo la formale notifica di un atto di liquidazione, di irrogazione delle sanzioni o, in generale, di accertamento e il ricevimento delle comunicazioni di irregolarità e degli esiti del controllo formale.