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Crisi d’impresa: il CNDCEC elabora la bozza dei primi “Indici di allerta”

L’art. 13 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) prevede che costituiscano indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi.

A questi fini, lo stesso articolo 13 specifica che sarà il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili che, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elaborerà con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni ISTAT, gli indici significativi che, valutati unitariamente, faranno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa.

Ai professionisti è stato affidato il compito di definire gli indici, ben diversi dagli indicatori che hanno una portata più ampia e che sono previsti dal Codice.

Con Informativa n. 45 del 15 maggio 2019 il CNDCEC ha reso noto di aver sottoscritto un Protocollo d’Intesa con la società Cerved per la realizzazione degli indicatori della crisi. Per testare gli indicatori su dati campionari sono state svolte diverse analisi e studi/simulazioni sulle imprese.

Cerved ha selezionato l’intera base di imprese presenti nei propri database negli anni 2011- 2016, per coprire un arco temporale sufficientemente ampio ed ottenere evidenze strutturali e non influenzate dalla congiuntura economica. Sono state selezionate le società di capitale con bilanci che hanno manifestato situazioni di insolvenza nel periodo considerato ed è stato costruito un campione rappresentativo dell’economia italiana, abbinando ad ogni impresa insolvente una gemella in normali condizioni operative (campione bilanciato).

Nei primi giorni di settembre, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha reso noto di aver messo a punto la bozza dei parametri che possono innescare la procedura di allerta. Gli indici contenuti nella bozza sono costituiti da grandezze di natura quantitativa o da confronti tra di loro, tenendo presente che la scelta fatta nell’elaborazione del modello è stata quella di minimizzare il numero di falsi positivi, ammettendo la possibilità di un maggior numero di falsi negativi. Dove per falsi positivi devono essere intesi i rischi di rendere oggetto di segnalazione imprese di cui è prevista un’insolvenza che poi non si verificherà, mentre per falsi negativi i rischi sono quelli di imprese di cui non è diagnosticata la crisi ma che invece diventeranno insolventi.

Il meccanismo messo a punto prevede allora una sequenza gerarchica che vede 7 parametri da considerare:

  1. La crisi è innanzitutto ipotizzabile quando il patrimonio netto diventa negativo per effetto di perdite di esercizio, anche cumulate e rappresenta causa di scioglimento della società di capitali. Indipendentemente dalla situazione finanziaria, questa circostanza rappresenta un pregiudizio alla continuità aziendale, fino a quando le perdite non sono state ripianate e il capitale sociale riportato almeno al limite legale. Il fatto che il patrimonio netto sia diventato negativo è superabile con una ricapitalizzazione; è quindi ammessa la prova contraria dell’assunzione di provvedimenti di ricostituzione del patrimonio al minimo legale.

  2. A fronte di un patrimonio netto positivo è però indice di crisi che trova applicazione per tutte le imprese la presenza di un Dscr (Debt service coverage ratio) a 6 mesi inferiore a 1. Il Dscr è calcolato come rapporto tra i flussi di cassa liberi previsti nei 6 mesi successivi che sono disponibili per il rimborso dei debiti previsti nello stesso arco temporale. Valori di questo indice superiori a 1, rendono evidente la capacità prospettica di sostenibilità dei debiti su un orizzonte di 6 mesi, valori inferiori a 1 la relativa incapacità.

Se il patrimonio netto è positivo e se il Dscr non è disponibile oppure è ritenuto non sufficientemente affidabile per la inadeguata qualità dei dati prognostici, proseguono i dottori commercialisti, si adottano 5 indici, con soglie diverse a seconda del settore di attività:

  1. indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra gli oneri finanziari e il fatturato;

  2. indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;

  3. indice di ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto da cash flow e attivo;

  4. indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine;

  5. indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo.

L’avvertenza è però quella di considerare significativo il superamento di tutti e cinque gli indici. La considerazione di uno solo infatti permetterebbe una visione assolutamente parziale e fuorviante. 

Sono stati altresì stabiliti dei valori soglia di allerta in base al settore in cui opera l’azienda.

Le novità sul bilancio di esercizio

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 205 di venerdì 4 settembre 2015 il D.Lgs. 18 agosto 2015 n. 139 contenente le nuove norme sui bilanci, in attuazione della Direttiva 26 giugno 2013, n. 2013/34/UE.

Tra le principali novità è previsto l’obbligo di redazione del rendiconto finanziario e il nuovo art. 2435-ter c.c , dedicato al bilancio delle micro-imprese. Si considerano micro-imprese le società che nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:

  • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 175mila euro;

  • ricavi delle vendite e delle prestazioni: 350mila euro;

  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.

Le micro-imprese così definite non saranno tenute alla redazione:

  • del rendiconto finanziario;

  • della nota integrativa se in calce allo stato patrimoniale sono riportate le informazioni di cui all’art. 2427, comma 1, numeri 9) e 16) del Codice civile;

  • della relazione sulla gestione quando in calce allo stato patrimoniale sono riportate le informazioni di cui all’art. 2428, numeri 3) e 4), del Codice civile.

Il decreto interviene anche sui principi di redazione del bilancio e in particolare sul principio della prevalenza della sostanza sulla forma, stabilendo che “la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto”.

La relazione al decreto ha precisato che, ai fini dell’applicazione di questa disposizione ai singoli casi concreti, occorrerà fare riferimento ai principi contabili nazionali, che dovranno essere aggiornati dall’OIC sulla base delle nuove disposizioni contenute, in modo da fornire gli strumenti per la declinazione pratica del principio della sostanza economica.

Le novità si applicheranno ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2016.

Torna il falso in bilancio

Legge 27 maggio 2015, n. 69

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 27 maggio 2015, n. 69 contenente, oltre ad un pacchetto di norme “anticorruzione”, anche la riforma del reato disciplinato dall’art. 2621 del Codice civile titolato “False comunicazioni sociali”.

Le nuove disposizioni, in vigore dal prossimo 14 giugno 2015, reintroducono il reato di falso in bilancio, con sanzioni fino a 5 anni di reclusione per le società non quotate e 8 anni per le quotate. È prevista una riduzione della pena per i fatti di “lieve entità” e l’esclusione della punibilità nei casi di “particolare tenuità del fatto”, circostanza questa che deve essere valutata dal giudice avuto riguardo all’entità del danno cagionato a società, soci e creditori.

Il reato di falso in bilancio può essere ascritto a:

  • amministratori

  • direttori generali

  • dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari

  • sindaci e liquidatori

in ipotesi di esposizione “consapevole” di “fatti materiali rilevanti” non rispondenti al vero, oppure di omissione “consapevole” di “fatti materiali rilevanti” la cui comunicazione è imposta dalla legge, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società (o del gruppo al quale la stessa appartiene), in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore.

L’indicazione errata di dati rilevanti oppure l’omessa esposizione di cui sopra, può riguardare:

  • bilancio

  • relazioni

  • altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, che siano previste dalla legge.