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I nuovi obblighi per le ritenute fiscali negli appalti

Dal 1° gennaio 2020, l’art. 4 del D.L. n. 124/2019, convertito in legge n. 157/2019, ha previsto nuovi obblighi in materia di ritenute fiscali e compensazioni a committenti e appaltatori.

In particolare, il committente che affida il compimento di una o più opere o di uno o più servizi:

  • di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro a un’impresa,

  • tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente,

  • con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente,

è tenuto a richiedere alle imprese appaltatrici/subappaltatrici/affidatarie copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute fiscali per i lavoratori dipendenti e assimilati direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera e del servizio.

Le imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici dovranno effettuare i versamenti delle ritenute con F24 specifico per singolo committente, senza poter effettuare compensazioni con propri crediti fiscali. Inoltre, entro i 5 giorni lavorativi successivi, dovranno trasmettere al committente:

  • le deleghe di pagamento;

  • un elenco nominativo dei lavoratori impiegati direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente nel mese precedente (identificati mediante codice fiscale), con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.

La norma permette all’Agenzia delle Entrate di definire con proprio provvedimento delle modalità di trasmissione telematica di queste informazioni.

Gli obblighi si applicano ai sostituti d’imposta residenti nel territorio dello Stato ai fini delle imposte sul reddito e quindi a:

  • società;

  • enti pubblici e privati diversi dalle società;

  • soggetti di cui all’art. 5 del TUIR (associazioni professionali, società di persone ecc.);

  • imprese individuali commerciali e agricole;

  • persone fisiche esercenti arti e professioni;

  • curatori o commissari liquidatori.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 23 dicembre 2019 ha chiarito che il criterio di quantificazione delle ritenute attribuibili alla commessa deve essere oggettivo, quale, ad esempio, il numero di ore impiegate in esecuzione della specifica commessa. La stessa risoluzione stabilisce che le informazioni fornite dalle imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici servono al committente per verificare il corretto versamento delle ritenute (quindi ponendo a carico di quest’ultimo un obbligo di controllo). La risoluzione dell’Agenzia Entrate n. 109/E del 24 dicembre 2019 ha inoltre stabilito i dati da indicare negli F24. In particolare deve essere indicato il codice identificativo “09” nella sezione anagrafica del modello unitamente al codice fiscale del committente.

Nel caso in cui l’impresa appaltatrice/affidataria/subappaltatrice non provveda alla trasmissione di quanto indicato sopra, oppure non esegua il versamento delle ritenute, il committente ha l’obbligo di sospendere i pagamenti fino al 20% del valore complessivo dell’opera, oppure per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate rispetto a quanto indicato nella documentazione trasmessa. Inoltre egli deve comunicare il mancato pagamento entro 90 giorni all’Agenzia delle Entrate.

Se il committente viola gli obblighi previsti da questa norma, incorre in una sanzione pari a quella applicata alla parte appaltatrice/affidataria/ subappaltatrice per le relative omissioni. In particolare, le sanzioni possibili sono le seguenti (che si riducono se l’impresa affidataria effettua il ravvedimento operoso):

  • in caso di violazione dell’obbligo di effettuazione delle ritenute, 20% dell’ammontare non trattenuto;

  • in caso di omesso o tardivo versamento delle ritenute, 30% dell’importo versato o ritardato;

  • in caso di incompletezza dei modelli F24 (se non contengono gli elementi necessari per l’identificazione del soggetto che esegue i versamenti), da 100 a 500 euro.

Fino al pagamento delle ritenute l’impresa appaltatrice/affidataria /subappaltatrice non può esperire alcuna azione esecutiva a tutela del proprio credito. La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 108/E del 23 dicembre 2019 ha stabilito che questi obblighi trovano applicazione con riferimento alle ritenute operate a decorrere dal mese di gennaio 2020 anche con riguardo ai contratti di appalto, affidamento o subappalto stipulati in data precedente al 1° gennaio 2020.

La norma prevede tuttavia una importante disciplina alternativa, nella quale gli obblighi descritti non trovano applicazione. In tal caso è necessario che le imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici comunichino al committente di possedere, con riferimento all’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza delle ritenute, i seguenti requisiti:

  • esistenza in attività da almeno 3 anni;

  • regolarità con gli obblighi dichiarativi;

  • versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;

  • assenza di iscrizioni a ruolo/accertamenti esecutivi/avvisi di addebito affidati agli agenti di riscossione relativi a imposte sul reddito, IRAP, ritenute e contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro, per i quali i termini di pagamenti siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Questa disposizione però non si applica se le somme sono oggetto di rateazione non ancora decaduta.

A questa comunicazione bisogna allegare una certificazione che attesti la sussistenza di questi requisiti messa a disposizione alle singole imprese dall’Agenzia delle Entrate e ha validità di 4 mesi dalla data di rilascio. Le imprese che possiedono questi requisiti possono compensare le ritenute con i propri crediti fiscali. Tale certificazione, denominata “DURC Fiscale” è rilasciata presso qualsiasi Ufficio territoriale dell’Agenzia delle Entrate, entro 3 giorni dalla richiesta. Purtroppo non è attualmente prevista una modalità di richiesta telematica. Nel caso in cui fino al 30 aprile 2020, l’appaltatore abbia correttamente determinato ed effettuato i versamenti delle ritenute fiscali (salvo il divieto di compensazione e connesse eccezioni di cui al par. 4.1.), senza utilizzare per ciascun committente distinte deleghe, al committente non sarà contestata la violazione (in tal senso la Circolare Agenzia Entrate n. 1 del 12 febbraio 2020).

Venerdì 27 dicembre 2019 – scadenza versamento acconto IVA

Soggetti obbligati

Sono tenuti al versamento dell’acconto iva i titolari di partita IVA che hanno chiuso il periodo fiscale 2018 con un debito IVA.

Sono esclusi dal versamento i contribuenti per i quali l’importo dovuto a titolo di acconto risulti inferiore al minimo dovuto pari ad euro 103,29 e in ogni caso quelli che:

  • hanno iniziato l’attività nel corso del 2019;
  • hanno cessato l’attività entro il 30 settembre 2019 per i contribuenti trimestrali ed entro il 30 novembre 2019 per i contribuenti mensili;
  • operano in regime agricolo di esonero ex art 34, comma 6, D.P.R. n. 633/1972;
  • hanno effettuato esclusivamente operazioni esenti o non imponibili;
  • esercitano attività di intrattenimento ex art. 74, comma 6, D.P.R. n. 633/1972;
  • sono società o associazioni sportive dilettantistiche e altre che applicano il regime forfetario di cui alla legge n. 398/1991;
  • operano nel regime dei contribuenti “minimi” e dei “forfettari”;
  • sono stati colpiti da calamità naturali per i quali sussista un apposito provvedimento di sospensione dei versamenti;
  • sono imprenditori individuali che hanno concesso in affitto l’unica azienda entro il 30 settembre 2019 (se trimestrali) o entro il 30 novembre 2019 (se mensili);
  • sono contribuenti che hanno effettuato esclusivamente operazioni esenti o non imponibili IVA;
  • sono enti pubblici territoriali che esercitano attività rilevanti ai fini IVA.

Non è previsto alcun esonero per le procedure concorsuali, e quindi anche i curatori fallimentari devono calcolare e versare l’acconto IVA per le imprese fallite.

 

Modalità di versamento

Il versamento dovrà essere effettuato per via telematica (direttamente o nostro tramite in qualità di intermediario abilitato) con modello F24:

  • codice 6013 per i contribuenti mensili
  • codice 6035 per i trimestrali.

Sul versamento dell’acconto da parte dei contribuenti con liquidazione trimestrale (“per opzione”) non è dovuta la maggiorazione per interessi dell’1%.
L’acconto pagato verrà successivamente scomputato dall’ammontare dell’IVA dovuta per il mese di dicembre 2019 (nel caso dei contribuenti mensili) ovvero per il quarto trimestre 2019 (nel caso dei contribuenti trimestrali). È ammesso il pagamento mediante compensazione con altre imposte e contributi, ma nel rispetto delle condizioni previste dall’attuale normativa.

 

Modalità di calcolo

L’importo da versare può essere determinato utilizzando tre modalità di calcolo alternative:

  1. metodo storico: 88% del versamento relativo all’ultimo mese o trimestre dell’anno precedente (nel calcolo bisogna tenere conto dell’acconto versato lo scorso anno). Se nell’anno 2019 il contribuente ha variato la frequenza delle liquidazioni periodiche rispetto al 2018, occorre rendere omogenee le basi di raffronto:
    1. il contribuente mensile nel 2018 diventato trimestrale nel 2019 otterrà il dato per il raffronto sommando i risultati delle liquidazioni degli ultimi tre mesi del 2018;
    2. il contribuente trimestrale nel 2018 diventato mensile nel 2019 otterrà il dato per il raffronto dividendo per tre il saldo della dichiarazione annuale 2018 (al lordo di quanto versato a titolo di acconto per lo stesso anno).
  2. analitico: 100% dell’imposta risultante a debito dalla liquidazione straordinaria alla data del 20 dicembre 2019. La liquidazione, che deve essere trascritta sul registro IVA, dovrà considerare:
    1. le operazioni annotate nel registro delle fatture emesse (o dei corrispettivi) dal 1° dicembre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti trimestrali)
    2. le operazioni effettuate, ma non ancora registrate o fatturate, dal 1° novembre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti mensili) o fino al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti trimestrali)
    3. le operazioni annotate nel registro delle fatture degli acquisti dal 1° dicembre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti mensili) o dal 1° ottobre al 20 dicembre (se si tratta di contribuenti trimestrali).
  3. previsionale: 88% dell’IVA che si prevede di dover versare per l’ultima liquidazione periodica dell’anno in corso.

 

Sanzioni

In caso di errore nella stima/previsione, con conseguente versamento inferiore a quanto effettivamente dovuto in sede di liquidazione, sulla somma non versata si applicherà la sanzione del 30% oltre ad interessi.
Qualora il contribuente dovesse accorgersi dell’errore nella previsione per difetto, potrà ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso, versando l’acconto dovuto con riduzione della sanzione:

  • allo 0,1% per ogni giorno di ritardo entro i 14 giorni successivi alla scadenza del termine originario: varia quindi dallo 0,1% per un giorno di ritardo, fino al 1,40% per 14 giorni di ritardo.
  • al 1,5% se la violazione verrà sanata entro 30 giorni con versamento di imposta e interessi al tasso legale vigente (attualmente 0,8% annuo),
  • al 1,67% se la violazione verrà sanata entro 90 giorni con versamento di imposta e interessi al tasso legale vigente (attualmente 0,8% annuo).
  • al 3,75% se la violazione verrà sanata entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione per l’anno 2019 con versamento di imposta e interessi al tasso legale vigente (attualmente 0,8% annuo).

Se il contribuente non sanasse il mancato versamento dell’acconto mediante ravvedimento operoso, la sanzione del 30% potrà comunque essere ridotta:

  • ad un 1/3 (10%) nel caso in cui le somme dovute siano pagate entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito della liquidazione automatica (ex art. 36-bis del D.P.R. n. 600 del 1973);
  • a 2/3 (20%) nei casi in cui le somme dovute siano pagate entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione dell’esito del controllo formale (ex art. 36-ter del D.P.R. n. 600 del 1973).

Per i soggetti passivi IVA che operano in regime di scissione dei pagamenti (art. 17-ter del D.P.R. n. 633 del 1972) la circolare n. 27/E del 7 novembre 2017 ha chiarito che devono determinare l’acconto utilizzando uno dei metodi sopra esaminati (storico/previsionale/effettivo), tenendo conto dell’IVA versata all’Erario nell’ambito di tale meccanismo.

L’art. 10-ter del D.Lgs n. 74/2000 prevede una sanzione penale in caso di omesso versamento Iva per ammontare superiore a 250.000 euro e che la medesima omissione del versamento dell’imposta dovuta in base alla dichiarazione si protragga fino al 27 dicembre dell’anno successivo al periodo di imposta di riferimento. Il contribuente non è punibile se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede all’integrale pagamento di quanto dovuto all’Erario, anche a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento, oltre al ravvedimento operoso.

il Decreto legge fiscale n. 124 del 26 ottobre 2019, collegato alla Manovra 2020, ha previsto la riduzione del predetto limite da 250.000 euro a 150.000 euro, limite che potrebbe essere ulteriormente modificato in sede di conversione in legge del decreto, la cui approvazione è prevista proprio in prossimità della scadenza del 27 dicembre (entro 60 giorni), con effetti già sul debito IVA 2018.

Le novità del Decreto fiscale collegato alla Manovra 2019

Il 13 dicembre scorso è stata definitivamente approvata la legge di conversione del Decreto fiscale collegato alla Manovra (D.L. 23 ottobre 2018, n. 119), senza emendamenti ed articoli aggiuntivi rispetto al testo già approvato dal Senato, che ora è in attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Tra le principali novità introdotte sinora dal Parlamento si segnalano le seguenti:

  • la moratoria delle sanzioni sulla fattura elettronica per il primo semestre 2019, con la disapplicazione fino al 30 settembre 2019 per i contribuenti che effettuano la liquidazione periodica Iva mensile;

  • l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica per le associazioni sportive dilettantistiche con ricavi fino a 65.000 euro e, per il periodo d’imposta 2019, per gli operatori sanitari tenuti all’invio dei dati al sistema tessera sanitaria ai fini dell’elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata (es. medici e farmacisti);

  • la sanatoria sulle irregolarità formali;

  • la modifica delle misure dovute dal contribuente che intende accedere alla definizione agevolata delle liti fiscali pendenti, disciplinata dall’art. 6 del provvedimento;

  • nell’ambito della disciplina dettata per la “rottamazione-ter” (art. 3 del decreto-legge), la previsione che in caso di tardivo versamento delle rate non superiore a 5 giorni, non si produce l’effetto di inefficacia della definizione, e non sono dovuti interessi;

  • l’introduzione del principio secondo cui in caso di definizione agevolata dei ruoli per debiti contributivi (di cui all’art. 6 del D.L. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito con modifiche dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225), il Documento unico di regolarità (Durc) contributiva potrà essere rilasciato con la semplice dichiarazione di adesione da parte del contribuente. Il Durc non è quindi subordinato all’avvenuto pagamento dell’importo dovuto ai fini della definizione medesima. In caso di mancato, insufficiente o tardivo versamento dell’unica rata o di una rata successiva, il Durc nel frattempo rilasciato dovrà essere annullato.

La sospensione feriale dei termini

La sospensione feriale dei termini processuali sarà operata dal 1° al 31 agosto. La sospensione dei termini vale sia per il contenzioso tributario che per i termini per reclamo e mediazione, ma non opera per gli avvisi di liquidazione, per le cartelle di pagamento e per le fasi cautelari del processo.

Le scadenze tributarie sono prorogate al 20 agosto, mentre dal 1° agosto al 4 settembre sono sospesi i termini per la trasmissione all’Agenzia Entrate delle informazioni e dei documenti richiesti ai contribuenti dall’Agenzia.

In particolare, nell’ambito del contenzioso tributario, la sospensione feriale coinvolge tutti i termini degli adempimenti processuali:

  • è sospeso il termine di 60 giorni per la proposizione del ricorso e, se il decorso del termine inizia durante il periodo di sospensione, l’inizio del termine è prorogato alla fine del periodo stesso;

  • sono altresì sospesi i termini per la costituzione in giudizio del ricorrente, della parte resistente;

  • sono sospesi i termini di impugnazione delle sentenze, i termini per il deposito di documenti, repliche e memorie.

La sospensione dei termini non si applica invece alla notifica degli avvisi di accertamento, degli avvisi di liquidazione e delle cartelle di pagamento da parte dell’Agenzia.

Versamenti

I versamenti tramite F24 e gli adempimenti fiscali che scadono tra il 1° e il 20 agosto possono essere adempiuti entro il termine del 20 agosto senza l’applicazione di alcuna maggiorazione.

Accertamento

Si ricorda infine, come già sopra accennato, che il D.L. n. 193/2016 ha stabilito che “i termini per la trasmissione dei documenti e delle informazioni richiesti ai contribuenti dall’Agenzia delle entrate o da altri enti impositori sono sospesi dal 1° agosto al 4 settembre, esclusi quelli relativi alle richieste effettuate nel corso delle attività di accesso, ispezione e verifica, nonché delle procedure di rimborso ai fini dell’imposta sul valore aggiunto”.

La sospensione dovrebbe valere in ogni ipotesi di accertamento a tavolino, e quindi negli accertamenti parziali, da studi di settore, sulle percentuali di ricarico, sulle indagini finanziarie, sul redditometro e così via.

La sospensione sopra descritta è valida anche per i documenti richiesti in seguito alla liquidazione automatica e al controllo formale delle dichiarazioni, dopo l’avviso bonario. Si tratta, in sostanza, di questionari e di inviti a comparire.

Le nuove scadenze per le dichiarazioni Redditi 2018 e 730

Con il D.L. n. 193/2016, collegato alla legge di Bilancio 2017, era stato stabilito, già dal 2017, lo spostamento dal 16 giugno al 30 giugno (quest’anno 2 luglio perché il 30 giugno cade di sabato) della scadenza per il versamento delle imposte IRPEF, IRES E IRAP da Modello Redditi.

Di conseguenza, per il 2018, il termine per il versamento con la maggiorazione dello 0,40% è fissato al 20 agosto (30 giorni dal 2 luglio + proroga estiva).

Le nuove scadenze fiscali valgono sia per le persone fisiche sia per le società di persone e per le società di capitali.

Anche il termine per l’invio del Modello 730 è stato modificato. La scadenza del 730/2018 è fissata al 23 luglio 2018 per il modello inviato autonomamente dal contribuente (Modello 730 precompilato) o tramite l’assistenza fiscale del sostituto d’imposta o di un CAF, commercialista o altro intermediario autorizzato.

Per chi consegna il modello 730 al sostituto d’imposta il termine è invece fissato al 9 luglio (il 7 cade di sabato).

Si ricorda che il pagamento non va effettuato se l’importo a debito, riferito alla singola imposta, è inferiore o uguale a 12 euro, per le somme dovute a titolo di IRPEF e addizionali, o a 10,33 euro per le somme da versare a titolo di IVA.

Tabella riepilogativa dei versamenti

(termini ordinari per soggetti non interessati dagli studi di settore)

Dichiarazione

Termine versamento unica soluzione o prima rata (**)

senza maggiorazione

con maggiorazione dello 0,40%

Redditi PF 2018

e Redditi SP 2018

02.07.2018

20.08.2018

Redditi SC 2018

entro il giorno 30 del 6° mese successivo a quello di chiusura del periodo di imposta

entro i 30 giorni successivi

Irap 2018

02.07.2018

20.08.2018

(**) I versamenti dovuti a titolo di saldo e di primo acconto possono essere rateizzati in rate mensili (entro il mese di novembre) di pari importo e con l’aggiunta di interessi nella misura del 4% annuo.

Per i contribuenti che pagheranno con maggiorazione dello 0,40%, in considerazione dello slittamento al 20 agosto della scadenza della prima rata, il termine di pagamento delle prime due rate coinciderà.

Il versamento del saldo IVA 2017

L’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale del periodo d’imposta 2017 deve essere versata entro il 16 marzo 2018.

Per chi non avesse rispettato la scadenza ricordiamo però che sono diverse le opzioni a disposizione (da aggiungersi al versamento tardivo mediante ravvedimento operoso).

Il versamento del saldo annuale può essere rateizzato in rate di pari importo di cui:

  • la prima deve essere versata entro il 16 marzo;

  • quelle successive devono essere versate entro il giorno 16 di ciascun mese di scadenza (16 aprile, 16 maggio, e così via) ed in ogni caso l’ultima rata non può essere versata oltre il 16 novembre.

Sull’importo delle rate successive alla prima è dovuto l’interesse fisso di rateizzazione pari allo 0,33% mensile (pertanto la seconda rata deve essere aumentata dello 0,33%, la terza rata dell’0,66%, la quarta dell’0,99% e così via).

Quindi, il mancato versamento alla data del 16 marzo del saldo potrebbe essere circoscritto alla prima rata: si potrebbe quindi ravvedere il versamento della prima rata ed effettuare i successivi versamenti regolarmente e senza dover aggiungere sanzioni.

Inoltre, il versamento del saldo IVA può anche essere differito alla scadenza prevista per il versamento delle somme dovute in base al Modello Redditi, con la maggiorazione dello 0,40% a titolo d’interesse per ogni mese o frazione di mese successivo al 16 marzo.

In questo caso, l’Agenzia Entrate, in sede di Telefisco 2018, ha confermato che, per effetto di quanto disposto dal comma 11-bis, art. 37, della D.L. n. 223/2006, gli adempimenti fiscali (compresi gli obblighi di versamento) che scadono tra il 1° ed il 20 agosto di ogni anno, possono essere effettuati entro il giorno 20 dello stesso mese, senza alcuna maggiorazione e quindi, considerato che nel 2018 il 30 giugno cadrà di sabato, i 30 giorni successivi alla scadenza del termine per il saldo delle imposte sui redditi del 30 giugno 2018 (slittato al 2 luglio 2018) scadranno il 1° agosto 2018 e di conseguenza il 20 agosto per la “proroga estiva.

Ne consegue che il mancato versamento del saldo IVA 2017 entro il 16 marzo 2018 potrà essere “sanato” mediante:

  • ravvedimento operoso dell’importo dovuto al 16 marzo 2018, eventualmente limitato alla prima rata;

  • versamento entro il 2 luglio 2018, dell’importo dovuto al 16 marzo 2018 maggiorato degli interessi nella misura dello 0,40% per ogni mese o frazione di mese successivi al termine di pagamento del saldo dovuto con riferimento alla dichiarazione dei redditi;

  • versamento entro il 20 agosto 2018, maggiorando le somme da versare (al 2 luglio) dello 0,40%, a titolo di interesse corrispettivo.

Rottamazione bis: nuova domanda di definizione agevolata con il modello DA 2000/17

Dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (n. 284 del 5 dicembre 2017) della legge n. 172/2017, di conversione con modifiche del D.L. 148/2017, l’Agenzia Entrate-Riscossione ha pubblicato sul portale www.agenziaentrateriscossione.gov.it il nuovo modello DA 2000/17 per presentare domanda di adesione al provvedimento che consente di pagare l’importo del debito senza corrispondere le sanzioni e gli interessi di mora (per le multe stradali, invece, non si devono pagare gli interessi di mora e le maggiorazioni previste dalla legge).

La legge estende la definizione agevolata, oltre ai carichi affidati alla riscossione dal 1° gennaio al 30 settembre 2017, anche a quelli dal 2000 al 2016 per i quali non è stata presentata precedente domanda di “rottamazione” (D.L. n. 193/2016). Grazie all’ampliamento della platea, potranno quindi presentare domanda tutti i contribuenti con carichi affidati alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 settembre 2017.

Per aderire il contribuente dovrà presentare la propria richiesta di adesione, entro il 15 maggio 2018, attraverso il servizio “Fai DA Te”, compilando, direttamente nell’area libera del portale di Agenzia delle entrate-Riscossione, il modello DA 2000/17. In alternativa è possibile scaricare il modello DA 2000/17 dal portale agenziaentrateriscossione.gov.it, compilarlo e presentarlo agli sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione.

I titolari di una casella di posta elettronica certificata (PEC) potranno inviare la domanda, insieme alla copia del documento di identità, all’indirizzo PEC della direzione regionale di riferimento dell’Agenzia delle entrate-Riscossione. L’elenco degli indirizzi PEC regionali è allegato al modello DA 2000/17 e pubblicato sul portale web.

L’Agenzia Entrate-Riscossione dovrà inviare per posta ordinaria, entro il 31 marzo 2018, una comunicazione con l’indicazione di eventuali carichi dell’anno 2017, affidati in riscossione entro il 30 settembre, per i quali non risulti ancora notificata la relativa cartella di pagamento.

A coloro che aderiranno alla definizione agevolata, l’Agenzia dovrà inviare la “Comunicazione delle somme dovute” entro giugno 2018.

I pagamenti dovranno essere effettuati in un’unica soluzione, entro luglio 2018, o in un massimo di 5 rate con scadenze a luglio, settembre, ottobre, novembre 2018 e febbraio 2019.

Per i carichi “rottamabili”, affidati alla riscossione dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2016, Agenzia delle entrate-Riscossione dovrà inviare la “Comunicazione delle somme dovute” entro settembre 2018. In questo caso i pagamenti sono previsti in unica soluzione entro ottobre 2018 o in un massimo di tre rate: ottobre, novembre 2018 e febbraio 2019.

Per cartelle o avvisi indicati dal contribuente nel modello DA 2000/17, interessati da una rateizzazione in essere al 24 ottobre 2016, l’Agenzia Entrate-Riscossione dovrà inviare, entro il 30 giugno 2018, la comunicazione delle eventuali somme da pagare per regolarizzare le rate del 2016. Successivamente al pagamento dell’importo di queste rate, da effettuare entro il 31 luglio 2018, verrà inviata al contribuente, entro settembre 2018, la “Comunicazione delle somme dovute” per la definizione agevolata dell’importo residuo del debito. Anche in questo caso i pagamenti della “rottamazione” sono previsti in un’unica soluzione (ottobre 2018) o in un massimo di tre rate: ottobre, novembre 2018 e febbraio 2019.

Il mancato, insufficiente o tardivo versamento delle rate scadute nel 2016 comporta l’improcedibilità dell’istanza presentata ai fini dell’ammissione ai benefici della definizione agevolata.

Per i contribuenti che si sono visti respingere la precedente domanda di adesione alla definizione agevolata (D.L. n. 193/2016), perché non in regola con il pagamento di tutte le rate scadute al 31 dicembre 2016 per le dilazioni in corso al 24 ottobre dello scorso anno, ci sarà tempo fino al 15 maggio 2018 per presentare la nuova domanda di definizione agevolata, utilizzando il modello DA 2000/17, e trasmetterla secondo una delle modalità previste.

Si ricorda inoltre che la legge ha stabilito la proroga dal 30 novembre al 7 dicembre 2017 del termine entro il quale effettuare il pagamento delle rate della definizione agevolata 2016 (D.L. n. 193/2016), scadute e non versate a luglio, settembre e novembre 2017. Per rimettersi in corsa non era necessario presentare alcuna istanza, ma sufficiente effettuare il versamento, senza oneri aggiuntivi e senza comunicazioni all’Agenzia Entrate-Riscossione, utilizzando i bollettini ricevuti con la “Comunicazione delle somme dovute”.

Slitta inoltre da aprile 2018 a luglio 2018 la scadenza per il versamento della rata prevista della Definizione Agevolata 2016 (D.L. n. 193/2016).

Sul portale agenziaentrateriscossione.gov.it, oltre al nuovo modello DA 2000/17, i contribuenti possono trovare anche la guida alla compilazione, le risposte alle domande più frequenti (Faq) e tutte le informazioni utili.

Rimborsi dai Comuni per la Tari sulle pertinenze errate

Attuale in questi giorni, a seguito di una risposta al question time del 18 ottobre scorso, è il tema della quota variabile TARI, che alcuni Comuni, in sede di determinazione dell’imposta, hanno applicato in maniera illegittima anche alle pertinenze (box, cantine, ecc.).

Il MEF per chiarire la questione, in data 20 novembre 2017, ha pubblicato la circolare n. 1/2017 con cui illustra la corretta modalità applicativa della TARI.

In sintesi, la TARI si compone di due quote: una fissa, in funzione dei metri quadri degli immobili, e una variabile che dovrebbe cambiare in funzione del quantitativo reale di rifiuti prodotto ma che, in mancanza di strumentazioni adeguate, i Comuni calcolano in rapporto ai componenti dell’utenza (e non in rapporto ai metri quadrati dell’utenza).

La quota fissa di ciascuna utenza domestica viene calcolata moltiplicando la superficie dell’alloggio sommata quella delle relative pertinenze per la tariffa unitaria corrispondente al numero degli occupanti della stessa.

Viene poi sommata la quota fissa alla quota variabile.

La quota variabile deve quindi essere computata una sola volta e “un diverso modus operandi da parte dei comuni non troverebbe alcun supporto normativo, dal momento che condurrebbe a sommare tante volte la quota variabile quante sono le pertinenze, moltiplicando immotivatamente il numero degli occupanti dell’utenza domestica e facendo lievitare conseguentemente l’importo della TARI”.

Alcuni Comuni, commettendo un errore, hanno inserito nel conteggio anche la quota variabile per ciascuna pertinenza; in questi casi l’errore si sarebbe ripetuto dal 2014, anno di entrata in vigore dell’imposta.

Qualora il contribuente voglia verificare se nel proprio Comune la Tari è stata calcolata in maniera errata dovrà analizzare una “bolletta” della tassa rifiuti verificando nel riepilogo dell’importo da pagare se, oltre all’utenza “domestica” principale, sono presenti altre voci “domestica – accessorio” e se è presente il valore “tariffa variabile”. Qualunque cifra riportata sarebbe in quel caso illegittima e il contribuente ha facoltà di richiederne il rimborso.

Il maggior tributo versato può essere chiesto a rimborso entro 5 anni, a pena di decadenza, dal momento in cui è stato effettuato il pagamento e per annualità a partire dal 2014.

Non vi sono particolari formalità per la presentazione dell’istanza di rimborso, ma occorre che siano indicati tutti i dati necessari per identificare il contribuente, l’importo versato, e quello di cui si chiede il rimborso, oltre ai dati identificativi della pertinenza computata erroneamente nel calcolo della TARI.

Rottamazione delle controversie tributarie

L’art. 11 del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (cosiddetta “manovrina”), prevede la “rottamazione” delle liti fiscali pendenti (Definizione agevolata delle controversie tributarie).

In particolare, a domanda del soggetto che ha proposto l’atto introduttivo del giudizio o di chi vi è subentrato o ne ha la legittimazione, potranno essere definite le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia Entrate pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in cassazione e anche a seguito di rinvio col pagamento di tutti gli importi di cui all’atto impugnato che hanno formato oggetto di contestazione in primo grado e degli interessi da ritardata iscrizione a ruolo di cui all’art. 20 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, calcolati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica dell’atto, escluse le sanzioni collegate al tributo e gli interessi di mora di cui all’art. 30, comma 1, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.

Il provvedimento ricalca quindi, a grandi linee, la recente “rottamazione dei ruoli” di cui al D.L. n. 193/2016, convertito dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, che prevedeva lo stralcio delle sanzioni e degli interessi di mora.

In caso di controversia relativa esclusivamente agli interessi di mora o alle sanzioni non collegate ai tributi, per la definizione è dovuto il 40% degli importi in contestazione.

In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla definizione in oggetto.

Sotto il profilo temporale sono definibili le controversie con costituzione in giudizio in primo grado del ricorrente avvenuta entro il 31 dicembre 2016 e per le quali alla data di presentazione della domanda di cui al comma 1 il processo non si sia concluso con pronuncia definitiva.

Sono definibili solo le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria in cui è parte l’Agenzia Entrate.

Sono inoltre escluse dalla definizione le controversie concernenti anche solo in parte:

  • le risorse proprie tradizionali previste dall’art. 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, e 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;

  • le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’art. 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.

Gli importi dovuti (in unica soluzione) o la prima rata (pari al 40% del totale delle somme dovute), dovranno essere versati entro il 30 settembre 2017.

Per ciascuna controversia autonoma dovrà essere effettuato un separato versamento e non sarà ammesso il pagamento rateale se gli importi dovuti non superano duemila euro. Per controversia autonoma si intende quella relativa a ciascun atto impugnato.

In caso di pagamento rateizzabile:

  • la scadenza della seconda rata, pari all’ulteriore 40% delle somme dovute, è fissata al 30 novembre 2017;

  • la scadenza della terza e ultima rata, pari al residuo 20% delle somme dovute, è fissata al 30 giugno 2018.

Dagli importi dovuti andranno scomputati quelli eventualmente già versati per effetto delle disposizioni vigenti in materia di riscossione in pendenza di giudizio nonché quelli dovuti per la definizione agevolata di cui all’art. 6 del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n. 225.

La definizione non darà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate, ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione.

La definizione si perfeziona con il pagamento degli importi dovuti o della prima rata. Qualora non ci siano importi da versare, la definizione si perfeziona con la sola presentazione della domanda.

La domanda di definizione dovrà essere presentata entro il 30 settembre 2017, per ciascuna controversia autonoma.

Le controversie definibili non saranno sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice, dichiarando di volersi avvalere della definizione in oggetto. In tal caso il processo sarà sospeso fino al 10 ottobre 2017. Se entro tale data il contribuente avrà depositato copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, il processo resterà ulteriormente sospeso fino al 31 dicembre 2018.

Per le controversie definibili sono sospesi per sei mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione che scadono dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 50/2017 fino al 30 settembre 2017.

L’eventuale diniego della definizione dovrà essere notificato entro il 31 luglio 2018 con le modalità previste per la notificazione degli atti processuali. Il diniego sarà impugnabile entro i 60 giorni successivi alla notifica dinanzi all’organo giurisdizionale presso il quale pende la lite.

Versamento della tassa di vidimazione 2017 dei libri sociali

Entro il 16 marzo di ciascun anno:

  • le società di capitali,

  • le società consortili,

  • le aziende speciali degli enti locali (e i consorzi costituiti fra gli stessi),

  • gli enti commerciali,

devono provvedere al versamento della tassa di concessione governativa relativa alla vidimazione dei libri sociali.

Sono escluse dal pagamento della tassa di concessione governativa (ma soggette ad imposta di bollo in misura doppia da applicare sulle pagine del libro giornale e del libro degli inventari):

  • le società di persone,

  • le società cooperative,

  • le società di mutua assicurazione,

  • gli enti non commerciali,

  • le società di capitali sportive dilettantistiche.

La tassa è determinata forfettariamente in base al capitale sociale e a prescindere dal numero dei libri sociali tenuti e dalle relative pagine.

La misura della tassa anche per il 2017 sarà di:

  • 309,87 euro per la generalità delle società;

  • 516,46 euro per le società con capitale sociale all’1 gennaio 2017 superiore a 516.456,90 euro.

Il modello di versamento della tassa di concessione governativa dovrà essere esibito alla Camera di Commercio (o agli altri soggetti abilitati alla vidimazione) in occasione di ogni richiesta di vidimazione dei libri sociali successiva al termine di versamento del 16 marzo 2017.

Le società neocostituite devono versare la tassa di concessione governativa con bollettino postale. I versamenti per le annualità successive devono essere effettuati esclusivamente mediante modello F24 (codice tributo 7085 – sezione “Erario” – annualità per la quale si versa la tassa).