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Crisi d’impresa: il CNDCEC elabora la bozza dei primi “Indici di allerta”

L’art. 13 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. n. 14/2019) prevede che costituiscano indicatori di crisi gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore, tenuto conto della data di costituzione e di inizio dell’attività, rilevabili attraverso appositi indici che diano evidenza della sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e delle prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, quando la durata residua dell’esercizio al momento della valutazione è inferiore a sei mesi, per i sei mesi successivi.

A questi fini, lo stesso articolo 13 specifica che sarà il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili che, tenuto conto delle migliori prassi nazionali ed internazionali, elaborerà con cadenza almeno triennale, in riferimento ad ogni tipologia di attività economica secondo le classificazioni ISTAT, gli indici significativi che, valutati unitariamente, faranno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa.

Ai professionisti è stato affidato il compito di definire gli indici, ben diversi dagli indicatori che hanno una portata più ampia e che sono previsti dal Codice.

Con Informativa n. 45 del 15 maggio 2019 il CNDCEC ha reso noto di aver sottoscritto un Protocollo d’Intesa con la società Cerved per la realizzazione degli indicatori della crisi. Per testare gli indicatori su dati campionari sono state svolte diverse analisi e studi/simulazioni sulle imprese.

Cerved ha selezionato l’intera base di imprese presenti nei propri database negli anni 2011- 2016, per coprire un arco temporale sufficientemente ampio ed ottenere evidenze strutturali e non influenzate dalla congiuntura economica. Sono state selezionate le società di capitale con bilanci che hanno manifestato situazioni di insolvenza nel periodo considerato ed è stato costruito un campione rappresentativo dell’economia italiana, abbinando ad ogni impresa insolvente una gemella in normali condizioni operative (campione bilanciato).

Nei primi giorni di settembre, il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ha reso noto di aver messo a punto la bozza dei parametri che possono innescare la procedura di allerta. Gli indici contenuti nella bozza sono costituiti da grandezze di natura quantitativa o da confronti tra di loro, tenendo presente che la scelta fatta nell’elaborazione del modello è stata quella di minimizzare il numero di falsi positivi, ammettendo la possibilità di un maggior numero di falsi negativi. Dove per falsi positivi devono essere intesi i rischi di rendere oggetto di segnalazione imprese di cui è prevista un’insolvenza che poi non si verificherà, mentre per falsi negativi i rischi sono quelli di imprese di cui non è diagnosticata la crisi ma che invece diventeranno insolventi.

Il meccanismo messo a punto prevede allora una sequenza gerarchica che vede 7 parametri da considerare:

  1. La crisi è innanzitutto ipotizzabile quando il patrimonio netto diventa negativo per effetto di perdite di esercizio, anche cumulate e rappresenta causa di scioglimento della società di capitali. Indipendentemente dalla situazione finanziaria, questa circostanza rappresenta un pregiudizio alla continuità aziendale, fino a quando le perdite non sono state ripianate e il capitale sociale riportato almeno al limite legale. Il fatto che il patrimonio netto sia diventato negativo è superabile con una ricapitalizzazione; è quindi ammessa la prova contraria dell’assunzione di provvedimenti di ricostituzione del patrimonio al minimo legale.

  2. A fronte di un patrimonio netto positivo è però indice di crisi che trova applicazione per tutte le imprese la presenza di un Dscr (Debt service coverage ratio) a 6 mesi inferiore a 1. Il Dscr è calcolato come rapporto tra i flussi di cassa liberi previsti nei 6 mesi successivi che sono disponibili per il rimborso dei debiti previsti nello stesso arco temporale. Valori di questo indice superiori a 1, rendono evidente la capacità prospettica di sostenibilità dei debiti su un orizzonte di 6 mesi, valori inferiori a 1 la relativa incapacità.

Se il patrimonio netto è positivo e se il Dscr non è disponibile oppure è ritenuto non sufficientemente affidabile per la inadeguata qualità dei dati prognostici, proseguono i dottori commercialisti, si adottano 5 indici, con soglie diverse a seconda del settore di attività:

  1. indice di sostenibilità degli oneri finanziari, in termini di rapporto tra gli oneri finanziari e il fatturato;

  2. indice di adeguatezza patrimoniale, in termini di rapporto tra patrimonio netto e debiti totali;

  3. indice di ritorno liquido dell’attivo, in termini di rapporto da cash flow e attivo;

  4. indice di liquidità, in termini di rapporto tra attività a breve termine e passivo a breve termine;

  5. indice di indebitamento previdenziale e tributario, in termini di rapporto tra l’indebitamento previdenziale e tributario e l’attivo.

L’avvertenza è però quella di considerare significativo il superamento di tutti e cinque gli indici. La considerazione di uno solo infatti permetterebbe una visione assolutamente parziale e fuorviante. 

Sono stati altresì stabiliti dei valori soglia di allerta in base al settore in cui opera l’azienda.

Nuovi chiarimenti dell’Agenzia Entrate sulla fattura elettronica

In data 12 novembre 2018 si è tenuto un Videoforum che ha visto la partecipazione di rappresentanti dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili e del Consiglio Nazionale dei Consulenti del lavoro e dell’Agenzia Entrate.

In tale occasione l’Agenzia Entrate ha fornito una serie di risposte a quesiti che risultavano ancora irrisolti. In sintesi i punti che sono stati chiariti:

  • ai fini della detrazione IVA, occorre essere in possesso di una fattura valida, e quindi di una fattura elettronica regolarmente transitata tramite il SdI. Diversamente (ad esempio se la fattura è stata emessa erroneamente in cartaceo) la detrazione IVA è sanzionabile;

  • non sussiste l’obbligo di comunicazione dei dati fatture (cosiddetto spesometro) per le fatture ricevute da soggetti esonerati dal nuovo obbligo (ad esempio soggetti minimi e forfettari) anche se le predette fatture sono regolarmente emesse in formato cartaceo senza transitare dal SdI;

  • le autofatture per omaggi e per autoconsumo devono essere necessariamente emesse in XML e devono essere inviate al SdI;

  • nel caso di integrazione di fatture d’acquisto riportanti il codice N6 (Reverse Charge) è possibile sia predisporre un documento di integrazione separato da inviare in conservazione insieme alla fattura originaria (e quindi senza farlo transitare al SdI), oppure, qualora si usufruisca in via esclusiva del sistema di conservazione dell’Agenzia Entrate, che non permette di aggiungere file alla conservazione, è possibile procedere all’integrazione emettendo un’autofattura che transita dal SdI. Il documento sarà così conservato. Per gli acquisti intra e extra UE permane l’obbligo di invio del cosiddetto “esterometro”, pertanto nessuna ulteriore comunicazione è obbligatoria;

  • non vi è obbligo di emissione della fattura, anche dopo l’entrata in vigore del nuovo obbligo di fatturazione elettronica, per operazioni fuori dal campo di applicazione dell’IVA;

  • non sono state modificate le disposizioni in tema di fattura differita, pertanto rimarrà valida la possibilità di emettere fattura entro il 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione;

  • i consumatori finali, i condomini, i regimi agevolati possono decidere di comunicare un indirizzo telematico a cui farsi recapitare le fatture elettroniche, potendo così optare di non farsi recapitare copia cartacea o analogica della fattura elettronica;

  • nel caso in cui la fattura elettronica emessa riporti un numero di partita IVA o un codice fiscale inesistente, il SdI scarta la fattura in quanto non conforme all’art. 21 del D.P.R. n. 633/1972. Nel caso in cui, invece, la fattura riporti un identificativo IVA cessato o di un soggetto deceduto, la fattura sarà correttamente emessa ai fini fiscali. L’Agenzia eventualmente effettuerà successivamente dei controlli sulla veridicità dell’operazione;

  • nel caso di fattura emessa nei confronti di un esportatore abituale, il numero e la data della dichiarazione d’intento devono essere indicati in uno dei campi disponibili del tracciato XML, ad esempio “causale”.

Fattura elettronica per carburanti e subappalto dal 1° luglio 2018

La legge 27 dicembre 2017, n. 205 (legge di Bilancio 2018) ha introdotto, a partire dal 1° gennaio 2019, l’obbligo della fatturazione elettronica sia nei rapporti B2B (con altre Partite Iva) che B2C (verso i consumatori finali).

Quest’obbligo è stato però anticipato a partire dal 1° luglio 2018 relativamente alle cessioni di carburanti per autotrazioni e alle prestazioni rese da soggetti subappaltatori (o subcontraenti) nel contesto di un contratto di appalto pubblico di lavori, servizi o forniture stipulato con la Pubblica Amministrazione con indicazione del relativo Codice unitario progetto (Cup) e Codice identificativo gara (Cig).

Il Cig è il codice univoco che identifica un appalto (art. 3, comma 5, della legge n. 136/2010); il Cup è il codice che identifica un progetto d’investimento pubblico (delibera CIPE n. 24/2004).

Si ricorda che già dal 31 marzo 2015 i fornitori di tutte  le amministrazioni pubbliche sono obbligati a fatturare elettronicamente le operazioni rese; la Manovra 2018 ha esteso però l’obbligo a tutta la filiera, ricomprendendo le operazioni rese da subappaltatori e subcontraenti e, quindi, da tutta la filiera di imprese che interviene in un appalto.

I soggetti coinvolti sono tutti quelli che intervengono, a qualunque titolo, nel ciclo di realizzazione del contratto, anche con noleggi e forniture di beni e prestazioni di servizi, ivi compresi quelli di natura intellettuale, qualunque sia l’importo dei relativi contratti o dei subcontratti.

Si prenda a modello un fornitore che deve indicare, su richiesta del suo cliente, il Cup sulle fatture che emette nei suoi confronti e con le quali gli vende, ad esempio, materiale dallo stesso utilizzato per ristrutturare una struttura pubblica. Il caso descritto configura un subappalto e ciò significa che, a partire dal 1° luglio 2018, la fattura dovrà necessariamente essere emessa in forma di fattura elettronica e veicolata attraverso il Sistema Di Interscambio (Sdi).

L’Agenzia Entrate, in data 30 aprile 2018, con la Circolare n. 8/E e con il provvedimento n. 89757, ha fornito chiarimenti in tema di fatturazione elettronica tra privati, di cessioni di carburanti, di subappalti e ha stabilito le modalità di applicazione dell’e-fattura.

In particolare, è stato chiarito che l’obbligo di fatturazione elettronica per prestazioni da parte di subappaltatori e subcontraenti troverà applicazione per i soli rapporti “diretti” tra il soggetto titolare del contratto e la pubblica amministrazione, nonché tra il primo e coloro di cui egli si avvale, con esclusione degli ulteriori passaggi successivi.

La tassa di vidimazione 2018 dei libri sociali

Entro il 16 marzo di ciascun anno:

  • le società di capitali,

  • le società consortili,

  • le aziende speciali degli enti locali (e i consorzi costituiti fra gli stessi),

  • gli enti commerciali,

devono provvedere al versamento della tassa di concessione governativa relativa alla vidimazione dei libri sociali.

Sono escluse dal pagamento della tassa di concessione governativa (ma soggette ad imposta di bollo in misura doppia da applicare sulle pagine del libro giornale e del libro degli inventari):

  • le società di persone,

  • le società cooperative,

  • le società di mutua assicurazione,

  • gli enti non commerciali,

  • le società di capitali sportive dilettantistiche.

La tassa è determinata forfettariamente in base al capitale sociale e a prescindere dal numero dei libri sociali tenuti e dalle relative pagine. La misura della tassa anche per il 2018 sarà di:

  • 309,87 euro per la generalità delle società;

  • 516,46 euro per le società con capitale sociale all’1° gennaio 2018 superiore a 516.456,90 euro.

Il modello di versamento della tassa di concessione governativa dovrà essere esibito alla Camera di Commercio (o agli altri soggetti abilitati alla vidimazione) in occasione di ogni richiesta di vidimazione dei libri sociali successiva al termine di versamento del 16 marzo 2018.

Le società neocostituite devono versare la tassa di concessione governativa con bollettino postale. I versamenti per le annualità successive devono essere effettuati esclusivamente mediante modello F24 (codice tributo 7085 – Tassa annuale vidimazione libri sociali).

L’omesso versamento della tassa annuale è punito con la sanzione amministrativa corrispondente dal 100 al 200% della tassa medesima e, in ogni caso, non inferiore a 103 euro.

Stampa e aggiornamento registri contabili e libro inventari

Il termine per la stampa annuale dei registri fiscali (registri iva, libro giornale, libro inventari e mastrini) tenuti con sistemi meccanografici è previsto “entro tre mesi dal termine di presentazione delle dichiarazioni dei redditi” (D.L. 10 giugno 1994, n. 357, art. 7, convertito, con modificazioni, in legge 8 agosto 1994, n. 489).

Per le registrazioni relative al 2016 il termine per la stampa dei registri è differente rispetto a quello previsto per le registrazioni 2015 in quanto è mutato il termine per la presentazione delle dichiarazioni.

Il termine è fissato:

  • al 31 gennaio 2018 (tre mesi dopo il 31 ottobre 2017) per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare (01/01 – 31/12);

  • per le società di capitali con termine di presentazione della dichiarazione redditi diverso dal 31 ottobre, la scadenza della stampa dei registri scade entro tre mesi dall’invio del loro relativo modello unico.

La norma prevede inoltre che, in caso di controlli e ispezioni, i dati devono risultare aggiornati sugli appositi supporti magnetici, quindi pronti per la stampa contestualmente alla richiesta e in presenza dei verificatori.

Per quanto riguarda il registro beni ammortizzabili, l’art. 16, D.P.R. n. 600/1973, impone come termine di predisposizione e stampa, quello di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, quindi per l’anno 2016 entro il 31 ottobre 2017.

Con riferimento al libro inventari, si ricorda che entro la scadenza dovrà essere non solo stampato, ma anche firmato dall’imprenditore e/o legale rappresentante pena, nei casi più gravi, “l’invalidazione della contabilità”.

Le scritture possono essere tenute usando libri rilegati, a fogli singoli o a modulo continuo:

  • nei libri o scritture a modulo continuo o a fogli singoli la denominazione o la partita IVA dell’impresa e il tipo di libro vanno riportati su tutte le pagine;

  • nei libri rilegati i dati sopra citati vanno riportati solo sulla copertina del libro.

La numerazione è eseguita per facciata utilizzabile, le facciate non numerate devono essere annullate.

Per il libro giornale ed il libro inventari, la numerazione delle pagine deve effettuarsi prima della loro utilizzazione e per ciascun anno, con l’indicazione pagina per pagina dell’anno cui si riferisce. L’anno da indicare è quello cui fa riferimento la contabilità e non quello in cui è effettuata la stampa della pagina.

Qualora si eserciti la facoltà di vidimare i libri (l’obbligo di vidimazione iniziale è stato soppresso ma resta la facoltà), la numerazione è progressiva per anno, con l’indicazione dell’anno in cui è effettuata la bollatura (Circolare Agenzia delle Entrate n. 92/E del 22 ottobre 2001).

Per i soggetti che non assolvono in modo forfetario la tassa di concessione governativa, per la numerazione e bollatura di libri o registri, l’imposta di bollo è pari a € 32,00 ogni 100 pagine o frazione

I soggetti che non assolvono in modo forfetario la tassa di concessione governativa sono:

  • gli imprenditori individuali;

  • le società di persone;

  • le società cooperative;

  • le mutue assicuratrici; 

  • i G.E.I.E.;

  • i consorzi di cui all’articolo 2612 c.c.;

  • le società estere;

  • le associazioni e fondazioni;

  • gli enti morali.

Per i soggetti che assolvono in modo forfetario la tassa di concessione governativa, per la numerazione e bollatura di libri o registri, l’imposta di bollo è pari a € 16,00 ogni 100 pagine o frazione.

I soggetti che assolvono in modo forfetario la tassa di concessione governativa sono:

  • le società per azioni;

  • le società in accomandita per azioni;

  • le società a responsabilità limitata;

  • le società consortili per azioni o a responsabilità limitata;

  • le sedi secondarie di società estere;

  • i consorzi ed aziende di enti locali;

  • gli enti pubblici.

Il pagamento dell’imposta di bollo può essere assolto mediante:

  • applicazione di marche da bollo nell’ultima pagina numerata;

  • versamento con mod. F23, con codice tributo 458T.

In ogni caso, l’imposta di bollo deve essere assolta prima che il registro sia posto in uso.

Sono esenti dall’imposta di bollo:

  • le Cooperative edilizie; occorre indicare sul libro il titolo di esenzione: art. 66, commi 6 bis e 6 ter, D.L. n. 331/1993 convertito con legge n. 427/1993;

  • le O.N.L.U.S. – Organizzazioni non lucrative di utilità sociale – (art. 17 D.Lgs. n. 460/1997);

  • le cooperative sociali, che devono però indicare il numero di iscrizione nell’albo delle cooperative.

Versamento della tassa di vidimazione 2017 dei libri sociali

Entro il 16 marzo di ciascun anno:

  • le società di capitali,

  • le società consortili,

  • le aziende speciali degli enti locali (e i consorzi costituiti fra gli stessi),

  • gli enti commerciali,

devono provvedere al versamento della tassa di concessione governativa relativa alla vidimazione dei libri sociali.

Sono escluse dal pagamento della tassa di concessione governativa (ma soggette ad imposta di bollo in misura doppia da applicare sulle pagine del libro giornale e del libro degli inventari):

  • le società di persone,

  • le società cooperative,

  • le società di mutua assicurazione,

  • gli enti non commerciali,

  • le società di capitali sportive dilettantistiche.

La tassa è determinata forfettariamente in base al capitale sociale e a prescindere dal numero dei libri sociali tenuti e dalle relative pagine.

La misura della tassa anche per il 2017 sarà di:

  • 309,87 euro per la generalità delle società;

  • 516,46 euro per le società con capitale sociale all’1 gennaio 2017 superiore a 516.456,90 euro.

Il modello di versamento della tassa di concessione governativa dovrà essere esibito alla Camera di Commercio (o agli altri soggetti abilitati alla vidimazione) in occasione di ogni richiesta di vidimazione dei libri sociali successiva al termine di versamento del 16 marzo 2017.

Le società neocostituite devono versare la tassa di concessione governativa con bollettino postale. I versamenti per le annualità successive devono essere effettuati esclusivamente mediante modello F24 (codice tributo 7085 – sezione “Erario” – annualità per la quale si versa la tassa).

Stampa di libro giornale e libro inventari

Il termine per la stampa annuale dei registri fiscali (registri iva, libro giornale, libro inventari e mastrini), tenuti con sistemi meccanografici, è previsto “entro tre mesi dal termine di presentazione delle dichiarazioni dei redditi”.

Per le registrazioni relative al 2015 la stampa dei registri dovrà quindi essere effettuata:

  • entro il 30 dicembre 2016 (tre mesi dopo il 30 settembre 2016) per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare (01/01 – 31/12);

  • per le società di capitali con termine di presentazione della dichiarazione redditi diverso dal 30 settembre, la scadenza della stampa dei registri scade entro tre mesi dall’invio del loro relativo modello unico.

La norma prevede inoltre che, in caso di controlli e ispezioni, i dati devono risultare aggiornati sugli appositi supporti magnetici, quindi pronti per la stampa contestualmente alla richiesta e in presenza dei verificatori.

Per quanto riguarda il registro beni ammortizzabili, l’art. 16 del D.P.R. n. 600/1973 impone, come termine di predisposizione e stampa, quello di presentazione delle dichiarazioni dei redditi, quindi per l’anno 2015 entro il 30 settembre 2016.

Con riferimento al libro inventari, si ricorda che entro la scadenza dovrà essere non solo stampato, ma anche firmato dall’imprenditore e/o legale rappresentante pena, nei casi più gravi, “l’invalidazione della contabilità”.

Le scritture possono essere tenute usando libri rilegati, a fogli singoli o a modulo continuo:

  • nei libri o scritture a modulo continuo o a fogli singoli la denominazione o la partita IVA dell’impresa e il tipo di libro vanno riportati su tutte le pagine;

  • nei libri rilegati i dati sopra citati vanno riportati solo sulla copertina del libro.

La numerazione è eseguita per facciata utilizzabile, le facciate non numerate devono essere annullate.

Per il libro giornale ed il libro inventari, la numerazione delle pagine deve effettuarsi prima della loro utilizzazione e per ciascun anno, con l’indicazione pagina per pagina dell’anno cui si riferisce. L’anno da indicare è quello cui fa riferimento la contabilità e non quello in cui è effettuata la stampa della pagina.

Qualora si eserciti la facoltà di vidimare i libri (l’obbligo di vidimazione iniziale è stato soppresso ma resta la facoltà), la numerazione è progressiva per anno, con l’indicazione dell’anno in cui è effettuata la bollatura (Agenzia delle Entrate, Circolare n. 92 del 22 ottobre 2001).

Per i soggetti che non assolvono in modo forfetario la tassa di concessione governativa, per la numerazione e bollatura di libri o registri, l’imposta di bollo è pari a € 32,00 ogni 100 pagine o frazione.

I soggetti che non assolvono in modo forfetario la tassa di concessione governativa sono:

  • gli imprenditori individuali;

  • le società di persone;

  • le società cooperative;

  • le mutue assicuratrici;

  • i G.E.I.E.;

  • i consorzi di cui all’art. 2612 c.c.;

  • le società estere;

  • le associazioni e fondazioni;

  • gli enti morali.

Per i soggetti che assolvono in modo forfetario la tassa di concessione governativa, per la numerazione e bollatura di libri o registri, l’imposta di bollo è pari a € 16,00 ogni 100 pagine o frazione.

I soggetti che assolvono in modo forfetario la tassa di concessione governativa sono:

  • le società per azioni;

  • le società in accomandita per azioni;

  • le società a responsabilità limitata;

  • le società consortili per azioni o a responsabilità limitata;

  • le sedi secondarie di società estere;

  • i consorzi ed aziende di enti locali;

  • gli enti pubblici.

Il pagamento dell’imposta di bollo può essere assolto mediante:

  • applicazione di marche da bollo nell’ultima pagina numerata;

  • versamento con mod. F23, con codice tributo 458T.

In ogni caso, l’imposta di bollo deve essere assolta prima che il registro sia posto in uso.

Sono esenti dall’imposta di bollo:

  • le cooperative edilizie, occorre indicare sul libro il titolo di esenzione (art. 66, commi 6 bis e 6 ter, D.L. n. 331/1993, convertito con legge n. 427/1993);

  • le O.N.L.U.S., Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (art. 17, D.Lgs. n. 460/1997);

  • le cooperative sociali, che devono però indicare il numero di iscrizione nell’albo delle cooperative.

Super ammortamenti del 140%

bilancio

Tra le diverse misure previste dalla legge di Stabilità 2016 merita attenzione quella relativa ai c.d. “super ammortamenti”. Un’agevolazione che, oltre ad essere di semplice attuazione senza richiedere domande o costosi iter burocratici, riguarda una platea di contribuenti veramente ampia. I commi 91-97 prevedono, infatti, ai fini delle imposte sui redditi, a vantaggio dei soggetti titolari di reddito d’impresa e degli esercenti arti e professioni, un ammortamento del 140% in relazione ai beni materiali strumentali nuovi acquistati dal 15 ottobre 2015 al 31 dicembre 2016; vengono inoltre maggiorati del 40% i limiti per la deduzione delle quote di ammortamento con riferimento ai mezzi di trasporto a motore ad uso promiscuo.

L’agevolazione trae le origini da alcune misure varate dal Governo francese la scorsa estate. A differenza della “Guidi-Padoan” recentemente scaduta, il super ammortamento al 140% considera ai fini del conteggio l’intero ammontare dell’investimento e non solo l’eccedenza, rispetto a spese effettuate negli anni precedenti.

Il meccanismo di applicazione non va ad impattare sul bilancio ma si limita ad agire a livello fiscale, permettendo di dedurre extrancontabilmente un ulteriore 40% del costo fiscalmente ricnosciuto, da ripartire nella vita utile del bene (periodo di ammortamento o leasing).

Il super-ammortamento si traduce, in sostanza, in una variazione extra-contabile da effettuare in sede di dichiarazione dei redditi, in deroga al principio della previa imputazione al conto economico sulla base del comma 4 dell’articolo 109 del Tuir.

Ad esempio, per un bene il cui costo fiscale è di 100, ammortizzabile  in 10 anni al 10%, la quota di ammortamento fiscalmente deducibile per l’impresa diventa di 14, annui, per tutta la durata dell’ammortamento, anziché di 10, previsti senza tale misura, dato che il costo fiscalmente ammortizzabile è del 140%, anziché del 100%.

Per i soggetti Ires (srl, spa, sapa), per la quota di ammortamento del 2015, il vantaggio netto complessivo al termine dell’ammortamento è pari all’11% del costo (27,5% di 40%), per i soggetti Irpef (persone fisiche, imprese individuali, professionisti) il vantaggio netto minimo è pari ad almeno il 9,2% (23% di 40%).

La maggiorazione del 40% è finalizzata alla determinazione di maggiori quote di ammortamento ai fini IRPEF e IRES e non rileva quindi ai fini delle successive plusvalenze/minusvalenze da cessione. Tali plusvalenze dovranno essere, quindi, calcolate, ai sensi dell’art. 86 comma 2 del TUIR, come differenza tra corrispettivo e costo non ammortizzato, quest’ultimo determinato senza tener conto della maggiorazione del 40%, derivante dai super ammortamenti. In caso contrario, secondo il MEF, l’eventuale cessione del bene agevolato subito dopo l’acquisto determinerebbe l’emersione di una minusvalenza, vale a dire di un componente negativo di reddito deducibile, che consentirebbe l’immediata monetizzazione di un beneficio, che, invece, l’art. 1 comma 91-97 “spalma” lungo l’intero periodo di ammortamento e, quindi, lungo la presunta vita utile del cespite di riferimento.

Come di consueto nel primo anno di entrata in funzione del bene, la maggiorazione del 40% si applica alla metà della quota di ammortamento ordinariamente deducibile (tranne che per i lavoratori autonomi per i quali non opera il dimezzamento). Questo non influisce, comunque, sul vantaggio complessivo a fine periodo.

 In caso di cessione del bene prima della conclusione del processo di ammortamento, nel determinare la plusvalenza/minusvalenza non si potrà tenere conto della maggiorazione del 40%. Ciò dovrebbe significare che nel calcolare la differenza tra corrispettivo e costo non ammortizzato, quest’ultimo andrà computato come se il beneficio non fosse esistito, fermo restando le quote di ammortamento già dedotte.

Soggetti ammessi all’agevolazione:

  • persone fisiche che svolgono attività produttive di reddito di lavoro autonomo ex art. 53 comma 1 del Tuir;
  • associazioni professionali senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche;
  • società tra professionisti (STP) costituite ex art. 10 , L. 12 novembre 2011, n. 183;
  • persone fisiche esercenti attività commerciali, anche gestite in forma di imprese familiari o di aziende coniugali;
  • S.n.c. e le s.a.s.;
  • S.p.A., S.a.p.a. e S.r.l.;
  • enti non commerciali con riferimento ai beni facenti parte dell’eventuale attività commerciale;
  • le società di armamento, le società di fatto, che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale, le società consortili a rilevanza interna ed esterna, le cooperative e di mutua assicurazione, gli enti pubblici e privati, nonché i trust aventi per esercizio esclusivo l’attività commerciale; le stabili organizzazioni in Italia di società, enti commerciali e persone fisiche non residenti, le società non operative e quelle in liquidazione.

Soggetti esclusi dall’agevolazione:

  • i titolari di redditi equiparati a quelli di lavoro autonomo, ex art. 53 comma 2 del Tuir;
  • gli imprenditori individuali che si avvalgono del regime forfetario, perché non deducono quote di ammortamento e canoni di leasing;
  • imprenditori agricoli che svolgono attività di agriturismo e che si avvalgono del regime forfetario di determinazione del reddito ex art. 5, comma 1 L. 413/91;
  • i soggetti esercenti attività agricole, che determinano il reddito d’impresa, ex art. 56 comma 5 e 56-bis del Tuir;
  • le persone fisiche e le società semplici con riferimento all’attività agricola, svolta entro i limiti dell’art. 32 del Tuir;
  • gli enti non commerciali non titolari di reddito d’impresa.

Beni agevolabili

Sono tutti i beni ammortizzabili (macchinari, impianti, autovetture, veicoli etc…) con esclusione di:

  • fabbricati e costruzioni,
  • beni con coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5%,
  • gli altri indicati specificatamente nell’Allegato 3 della Legge di stabilità 2016 (es. condutture, materiale rotabile, ferroviario e tranviario, aerei equipaggiati, ecc.).

Sono agevolati i beni materiali strumentali nuovi. Sono, quindi, esclusi gli investimenti in beni immateriali e in beni usati. Secondo i chiarimenti di prassi del passato, il requisito della novità sussiste nel caso in cui il bene sia acquistato dal produttore, nonché nel caso in cui il bene sia acquistato da un soggetto diverso dal produttore e dal rivenditore purché non sia già stato utilizzato né da parte del cedente né da alcun altro soggetto (circolare n. 90/2001). Dovrebbe essere oggetto dell’agevolazione in esame anche il bene che viene esposto in show room ed utilizzato esclusivamente dal rivenditore al solo scopo dimostrativo. Inoltre, con riguardo ai beni complessi alla realizzazione dei quali abbiano concorso anche beni usati, il requisito della novità sussiste in relazione all’intero bene, purché l’entità del costo relativo ai beni usati non sia prevalente rispetto al costo complessivamente sostenuto (cfr. Circ. Agenzia Entrate n. 5/2015 e n. 44/2009).

Quanto al requisito della strumentalità, i beni devono essere di uso durevole ed atti ad essere impiegati come strumenti di produzione all’interno del processo produttivo dell’impresa. Sono, quindi, esclusi i beni merce (o comunque trasformati o assemblati per la vendita) e i materiali di consumo (si veda Circ. n. 5/E/2015).

La disposizione sui “super ammortamenti” si applica anche alle auto. In particolare, viene previsto che siano altresì maggiorati del 40% i limiti rilevanti per la deduzione delle quote di ammortamento dei beni di cui all’art. 164, comma 1, lettera b) del TUIR.

La lettera b) stabilisce la deducibilità nella misura:

  • del 20% relativamente ad autovetture, autocaravan, ciclomotori e motocicli, che non siano utilizzati esclusivamente come beni strumentali nell’attività propria dell’impresa (uso promiscuo);
  • Tale percentuale è elevata all’80% per i veicoli utilizzati dai soggetti esercenti attività di agenzia o di rappresentanza di commercio.Inoltre il limite normalmente previsto di euro 18.076 per le autovetture è elevato a euro 25.823.

In base al riferimento, fatto dal legislatore alla sola lettera b) dell’art. 164 del Tuir, l’agevolazione non si applica alle auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti (lettera b- bis) e alle auto esclusivamente strumentali all’attività d’impresa (lettera a).

Beni in leasing

Sono agevolabili anche i beni acquisiti in leasing. La norma agevolativa fa riferimento in particolare ai “canoni di locazione finanziaria”, senza specificare il meccanismo applicativo dell’agevolazione per i beni in leasing. Il MEF ha precisato che l’agevolazione per i beni acquisiti in leasing riguarda l’intero valore del bene, cioè sia la quota capitale che il prezzo di riscatto.

Periodo agevolato

Lo sgravio si applicherà per beni produttivi nuovi acquistati dal 15.10.2015 al 31.12.2016. Rilevano gli investimenti effettuati nell’intervallo temporale considerato dalla norma; a tal fine dovrebbero valere i criteri generali del Tuir e, quindi, la data di consegna o spedizione oppure – se diversa e successiva – la data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà (o di altro diritto reale). Non preclude il beneficio, quindi, il fatto che una parte delle spese per l’investimento sia stata effettivamente sostenuta prima del 15 ottobre. L’agevolazione riguarda le imposte sui redditi e non anche l’Irap e compete a coloro che esercitano un’attività di impresa e agli esercenti arti e professioni.

Perché l’agevolazione possa essere fruita già che entro fine 2015, va verificata l’effettiva immissione del bene nel ciclo produttivo. La circ. della Guardia di Finanza n.1/2008, a titolo esemplificativo, indica come “sintomatici dell’utilizzo del bene”:

  • il momento dal quale ha inizio il consumo di energia elettrica necessaria per il funzionamento del bene;
  • l’impiego di manodopera;
  • l’inserimento del bene nella catena di produzione;
  • le risultanze della contabilità industriale.

Quindi la consegna a partire dal 15 ottobre 2015 è condizione necessaria, ma non sufficiente ai fini della fruizione del beneficio già dal 2015. In caso contrario il beneficio slitterà all’anno 2016.

Studi di settore

I beni strumentali utilizzati per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa trovano specifica indicazione nei modelli di comunicazione ai fini degli studi di settore.

Le disposizioni in esame non producono effetti sui valori stabiliti per l’elaborazione e il calcolo degli studi di settore.

Dato che tali valori rilevano nel calcolo per la congruità agli studi di settore e sul funzionamento di alcuni indicatori, la nuova previsione di esclusione ha la finalità di neutralizzare gli effetti distorsivi che l’indicazione dei maggiori ammortamenti avrebbe su tali analisi.

Cumulabilità con altre agevolazioni

L’agevolazione dovrebbe essere cumulabile con altre misure di favore, salvo che le norme non dispongano diversamente. Ad esempio risultano compatibili la c.d. Nuova Sabatini, introdotta dall’art. 2 del DL n. 69/2013, rivolta alle PMI e l’ACE.

Le novità sul bilancio di esercizio

È stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 205 di venerdì 4 settembre 2015 il D.Lgs. 18 agosto 2015 n. 139 contenente le nuove norme sui bilanci, in attuazione della Direttiva 26 giugno 2013, n. 2013/34/UE.

Tra le principali novità è previsto l’obbligo di redazione del rendiconto finanziario e il nuovo art. 2435-ter c.c , dedicato al bilancio delle micro-imprese. Si considerano micro-imprese le società che nel primo esercizio o, successivamente, per due esercizi consecutivi, non abbiano superato due dei seguenti limiti:

  • totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 175mila euro;

  • ricavi delle vendite e delle prestazioni: 350mila euro;

  • dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.

Le micro-imprese così definite non saranno tenute alla redazione:

  • del rendiconto finanziario;

  • della nota integrativa se in calce allo stato patrimoniale sono riportate le informazioni di cui all’art. 2427, comma 1, numeri 9) e 16) del Codice civile;

  • della relazione sulla gestione quando in calce allo stato patrimoniale sono riportate le informazioni di cui all’art. 2428, numeri 3) e 4), del Codice civile.

Il decreto interviene anche sui principi di redazione del bilancio e in particolare sul principio della prevalenza della sostanza sulla forma, stabilendo che “la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto”.

La relazione al decreto ha precisato che, ai fini dell’applicazione di questa disposizione ai singoli casi concreti, occorrerà fare riferimento ai principi contabili nazionali, che dovranno essere aggiornati dall’OIC sulla base delle nuove disposizioni contenute, in modo da fornire gli strumenti per la declinazione pratica del principio della sostanza economica.

Le novità si applicheranno ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire dal 1° gennaio 2016.

Torna il falso in bilancio

Legge 27 maggio 2015, n. 69

È stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 27 maggio 2015, n. 69 contenente, oltre ad un pacchetto di norme “anticorruzione”, anche la riforma del reato disciplinato dall’art. 2621 del Codice civile titolato “False comunicazioni sociali”.

Le nuove disposizioni, in vigore dal prossimo 14 giugno 2015, reintroducono il reato di falso in bilancio, con sanzioni fino a 5 anni di reclusione per le società non quotate e 8 anni per le quotate. È prevista una riduzione della pena per i fatti di “lieve entità” e l’esclusione della punibilità nei casi di “particolare tenuità del fatto”, circostanza questa che deve essere valutata dal giudice avuto riguardo all’entità del danno cagionato a società, soci e creditori.

Il reato di falso in bilancio può essere ascritto a:

  • amministratori

  • direttori generali

  • dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari

  • sindaci e liquidatori

in ipotesi di esposizione “consapevole” di “fatti materiali rilevanti” non rispondenti al vero, oppure di omissione “consapevole” di “fatti materiali rilevanti” la cui comunicazione è imposta dalla legge, sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società (o del gruppo al quale la stessa appartiene), in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore.

L’indicazione errata di dati rilevanti oppure l’omessa esposizione di cui sopra, può riguardare:

  • bilancio

  • relazioni

  • altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, che siano previste dalla legge.